Ho provato e riprovato a scrivere uno stanca di, ma lo ero così tanto che le idee rimanevano nella mia testa al livello di superficialità della voce in stazione che annuncia un treno che non è il tuo. Non ho forze né capacità esecutive minime, sono nel pieno dell’esaurimento, faccio due o tre cose al giorno e non ne posso più. La mia psicoterapeuta dice che sono in burnout, io non posso darle torto, è giusto chiamare le cose con il loro nome, ma mi pare quasi che definire me sia come prendere con una siringa l’acqua dai polmoni di un pesce per esaminare quella del suo acquario. Questa roba è nell’aria. 

Non riesco a produrre niente di buono, mi blocco in uno stato d’imbarazzo mentre contemplo la mia incapacità. Non è una situazione che si può granché gestire, perché tutto intorno a te incarna la resa dei conti. Oggi puoi, quindi devi, essere: bello, bravo, amichevole, interessante, efficiente, economicamente al sicuro, in possesso di una rete sociale, in generale stabile. L’universo delle possibilità ti si rivolta contro restituendoti senso di colpa per tutte quelle opportunità che non sfrutti, a quel punto puoi fare due cose: impegnarti o consumare.

Ieri, tornata dal lavoro, ero così stanca da perdere completamente il senso della fame facendo trionfare la sonnolenza in un pisolino di cinque ore. Le cose che avrei dovuto fare in quell’arco di tempo erano tantissime, rimandate da settimane, accumulate lì alternavano qualsiasi tipo di attività, ormai tra queste rientrava anche l’igiene personale, ma non potevo farcela. Le persone parlano dei loro esaurimenti come momenti superati, è difficile appassionarsi a una storia giù di corda, di caotica immobilità, è tutto il contrario di una storia d’amore. Ci insegnano a parlare dei nostri burnout in modo tale che nessuno si preoccupi troppo, dev’essere per forza una cosa passeggera, quindi passerà. E se poi non passa non ci voglio nemmeno pensare.

Stavo dicendo, ieri, tornata dal lavoro, mi butto a letto senza mangiare e mi sveglio dopo cinque ore. Mi sveglio, e a quel punto decido di mangiare, prendo qualcosa di semipronto dal frigo, fortunata. Lo cucino senza nemmeno accendere le luci della stanza. Mangio con calma. Ho dormito così tanto che non so che fare da sveglia, a volte il mondo onirico ti regala trame irrinunciabili che ti inducono uno stato di malinconia quando te ne distacchi, quando sono molto stanca mi succede spesso di sentirmi più a mio agio nei sogni che nella realtà.

A questo punto, se fossimo vissuti già solo quindici anni fa avrei fatto qualcosa. Una doccia, letto qualcosa, magari addirittura iniziato a impegnarmi in qualche compito più complesso. Invece, oggi, se la volontà non è forte viene intercettata e condotta nell’orbita delle piattaforme scrollabili. Cento video di tipe che si legano la maglietta sulla fronte, fiumi di pubblicità su eventi imperdibili, sei appena entrata in una wave nella quale le persone preparano un banchetto in scala 1m : 1cm ed è la cosa migliore che ti è successa oggi. Cadere nel vortice del consumo di reel o post non è mai una buona idea. Vuoi ancora riposare. Ti odi, ma sei stanca. Non hai nemmeno le forze per andarti a lavare i denti, qui è tutto finito, ma hai una possibilità nei sogni. 

Ti giri su un fianco, “Alexa”, la luce si accende, “spegni luce”, tutto si spegne.