Sono ventisei giorni di seguito che esco la sera, non riesco a dire mai di no. C’è un concertino, la presentazione di un libro, una cena tra amici, il listening party di un disco, una birretta sotto casa, un film al cinema. Insomma c’è sempre qualcosa. E io ho sonno.
Ormai dormo per cinque sere di fila cinque ore e poi la domenica tredici per cercare di recuperare, ma ovviamente non funziona mai. Non sono una di quelle persone a cui bastano sei ore di sonno per esser fresca, senza occhiaie e con una sorta di nevrotica devozione per l’iperattività di una settimana già “schedulata”. Io trascino i miei arti confusi da una stanza all’altra, mi preparo una macchinetta grande di caffè e me la scolo tutta in un bibitone di latte. Poi maledettamente apro Instagram e mi hanno già invitato a tre eventi in posti diversi oppure vedo le storie di altre serate appena passate e sembrano sempre belle bellissime elettrizzanti occasioni perse.
Ma ora smetto, lo giuro, l’estate è finita e posso rintanarmi finalmente nel periodo più bello dell’anno: l’autunno. Mese preferito, non solo perché festeggio il giorno in cui sono nata, ma perché le persone iniziano, piano piano, a sparire come risucchiate da una coltre di nebbia. E io con loro. Ne approfitto, inizio ad apparire sempre meno, rinnovo la tessera del cinema, spolvero la ricetta del vin brulé e dei risotti alla zucca e amaretto, smetto con i superalcolici e riduco le sigarette. Ogni ottobre mi sembra che la FOMO diminuisca, il battito cardiaco si stazioni, la voglia di fare festa scemi. Mi sento nuova, rinata, riposata, con una vita regolare. Sembra che quasi tutto sia sistemato, arriva Natale in uno schiocco di dita chiassoso, la settimana delle feste mi fa ricordare la voglia di uscire estiva ma, per fortuna, di mezzo c’è la festa peggiore dell’anno: Capodanno e allora mi rintano di nuovo, finalmente le mattina leggo invece di mischiare acqua e oki per farmi passare il mal di testa, spendo di meno, lavoro tanto. Penso di stare bene, ma invece mi sto solo cullando nella noia dell’inverno. C’è una forte illusione nel benessere e nella vita regolare, una sorta di simulazione clean della vita vera, me ne accorgo sempre verso febbraio, quando la noia ormai è davvero troppa e di lavorare perdo definitivamente la voglia.
A Roma a metà marzo spunta un sole specifico, più arancione, i raggi illuminano perfettamente i palazzi colorati con i piccoli balconi bianchi, c’è un profumo acre nell’aria che ricorda la sensazione precisa di quando da bambini si cercava il pallone perduto nei cespugli del parco, i colori si fanno vividi, la città sembra uscire fuori dal letargo a suon di vetri di bottiglia che si sbattono gli uni con gli altri e di risate di vecchiette che possono di nuovo andare a fare la spesa senza tre maglioni. La città rinasce, e rinasco anche io, e con me la mia amica protettrice, la FOMO. Pensavo di scrivere qualcosa contro di lei ma alla fine ogni cosa bella della vita mi è successa quando mi sono forzata a uscire controvoglia, ho incontrato persone, attraversato spazi, trovato lavori, vomitato in brutti bagni. Forse dalla nevrotica voglia di essere ovunque si può guarire piano piano, forse è ora di fare “la palestra dei no” come dicono le mie amiche, ma è anche vero che a stare da soli dentro casa non succede quasi mai niente di nuovo e io ho il costante bisogno di sentire di essere in una spirale di movimento. Quindi grazie FOMO mi farai restare bella magra tabagista e alcolizzata come le migliori icone con cui ogni ragazza è stata degnamente cresciuta. Come pensavamo di scappare da te, se siamo sempre volute essere Kate Moss?