Chiedermi se gli animali abbiano la percezione di cosa siano la luna e le stelle sarà il mio primo, assurdo passo per svincolarmi dall’ansia. Un pensiero casuale, incontrollato, nel mare della confusione e dell’allerta più totali, può essere un vero toccasana per chi, come me, soffre di attacchi d’ansia. Ovviamente, quello che descrivo qua, non è una vera e propria strategia di sopravvivenza, perché, per l’appunto, i salvifici pensieri incontrollati spuntano, paradossalmente, un po’ come l’ansia: a caso.

Sto studiando in una libreria caffetteria della mia città. Una signora, molto composta, si trova a qualche metro da me, e la sua è l’unica voce che si sente in tutta la stanza. Parla insistentemente al telefono della morte, del lutto e della perdita. Sono in preda a un perenne attacco di ansia da giorni ormai, che mi pesa nel petto e che non vuole andarsene perché continuo ad alimentarlo producendo adrenalina e non riuscendo a calmarmi. La signora, inconsapevolmente, non fa altro che aumentare questa tensione. Sento il forte bisogno di scappare.

Il modo in cui i mammiferi circadiani percepiscono le entità del Sole, della luna e di alcune stelle è essenzialmente funzionale alla loro capacità di spostarsi e orientarsi per ritrovare la strada di casa: tutto per loro ha un senso legato al ritorno al nido, quel luogo sicuro dove raramente può accadere che qualche predatore decida di fare incursione e ucciderti.

L’unica via che ricorda vagamente la fuga, in questo esatto momento, è il movimento concitato delle mie dita sulla tastiera che fanno da palliativo alla voglia matta di andare lì e dirle che il balsamo di cui sta parlando, per quanto mi riguarda, sarebbe il suo silenzio. Sì, siete in diretta, in qualche strano modo antitemporale. Non è colpa sua, sono io che non riesco a gestire questa bestiolina che mi riempie il cervello e il petto e che mi fa sentire perennemente in balia di un mare in tempesta mentre sono su una zattera, senza appigli e potrei cadere da un momento all’altro. Se fossi diversa da come sono adesso, tipo una versione antica e serena di me stessa, apprezzerei moltissimo la sua conversazione con il suo misterioso interlocutore, anzi, farebbe da rumore bianco alla lettura che sto cercando disperatamente di continuare.

Forse se mi ripeto a memoria una poesia, una di quelle che ho imparato moltissimo tempo fa, riesco a distrarmi abbastanza da dimenticarmi di questo fastidioso rumore di sottofondo che mi ricorda che non siamo al sicuro da nessuna parte.

Eppure, lo so che non si fa così: si focalizza intanto il mutamento di condizione del corpo, ci si dice che è l’adrenalina che ci porta a sentire questo senso di allarme continuo, ci accorgiamo di come stiamo respirando, cosa che ci aiuta, e che il senso di pericolo che alimentiamo non sparirà finché non smetteremo di produrre adrenalina. A volte è bello sentire questa scossa che ti colpisce dentro e ti spinge a fare cose pazze, ma in questo momento vorrei solo leggere in pace e non pensare ad altro. Provo ad avvicinarmi al bancone del bar, passando accanto alla fastidiosa signora, per prendere una bottiglietta d’acqua – questo me lo sto immaginando, perché è bello pensare a quanta fatica potresti durare a spostarti anche solo di qualche metro quando hai paura di scivolare via.

Devo togliermi le cuffie e già questo movimento, che mi sembra così meccanico e bloccato, mi adrenalizza ancora di più, ma devo aiutarmi e capire che è tutto un processo più che naturale, un meccanismo di base di sopravvivenza che sto alimentando io stessa e che, dunque, posso fermare. Non ce la faccio.

Basta, ho deciso che scapperò via, perché non è sostenibile, non ce la posso fare. 

Fuori dal locale i manifestanti passano in corteo – loro protestano per qualcosa di importante. Buffo il maledetto caso, sono rimasta bloccata sul marciapiede, davanti a me scorre una fiumana di gente che canta, suona e sventola bandiere e che tenta, ogni giorno, più di me, di sopravvivere a un sistema che non li ascolta. Mi chiedo come facciano a non scappare. Devo andare contromano alla folla e dirigermi verso la stazione.

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