Sono stanca di instagram, anche se non lo uso mai e non ho un profilo.   

Quello di cui sono soprattutto stanca è che le persone mi dicano di farmi instagram, perché tutte le volte devo rifiutare, spiegare le mie ragioni, passare per una snob che si ritiene superiore a queste cazzate per ragazzini, che legge un sacco di libri, si informa leggendo i giornali, impiega il suo tempo in attività intellettualmente stimolanti e altre cose che appartengono al secolo scorso. Non è una convinzione di superiorità morale che mi trattiene da aprire il mio profilo, ma la consapevolezza della mia debolezza e la certezza che ne uscirei distrutta. Sono pavida, ho paura. 

Non ho paura delle influencer, non credo che mi convertirei al culto della skincare o che deciderei di arredare una casa, che chissà se avrò mai, in stile minimal e con un salotto bianco e beige. Ho paura delle persone vere, amici, conoscenti, amici di amici, delle loro vite piene di eventi, dei coltissimi riferimenti culturali che condividono, dei paesaggi aesthetic dove si ritrovano un qualsiasi mercoledì di febbraio, degli aperitivi degli altri e della loro apparente felicità che mi viene sbattuta in faccia durante una mia giornata deprimente. Quindi nella mia meschina esistenza penso che occhio non vede cuore non duole. 

Mi rendo conto che non presidiare la piattaforma digitale comporti degli svantaggi, ma accetto senza troppo rammarico di perdermi la notizia del matrimonio della mia compagna di classe delle elementari o l’aggiornamento sul terzo figlio di quella dell’ asilo neocatecumenale.

Quello che mi perdo davvero fondamentalmente è l’aggiornamento sugli eventi che mi interessano e l’intrattenimento che il social media regala. Sul primo punto non so che fare, se non esprimere la mia profondissima indignazione per i locali che hanno smesso di aggiornare i loro eventi su Facebook e non sanno cosa sia un sito web. 

Sul secondo argomento, posso dire che dovendo trovare una soluzione alternativa per rispondere al fisiologico bisogno di spegnere il cervello e guardare cazzate, ho trovato quello che fa per me, il mio paradiso, un instagram senza le persone: Youtube. L’algoritmo, che mi conosce come pochi, propone contenuti che mi spingono verso nuovi orizzonti, senza però allontanarsi mai troppo dalla mia comfort zone, è una crescita costante che io e la mia home di YT attraversiamo insieme. Mi fa scoprire nuovi podcast, mi informa su quello che è successo oggi nel mondo, propone nuove canzoni e soprattutto mi offre una gamma di tipologie di shorts che assecondano il più ampio ventaglio di inclinazioni che posso incarnare a seconda della mia giornata: voglio vedere che fine hanno fatto i Jonas Brothers? Ecco una serie di reel che mi aggiornano sul tour e sulle loro famiglie. Joe si è separato da Sophie Turner, lo sapevate? Se voglio scoprire qualche nuova ricetta, ecco mille video da 40 secondi su come confezionare squisite portate con i porri. Mi è arrivata anche la notifica sulla nuova puntata di Tintoria, domani guarderò l’intervista di Luca Ravenna a De Core podcast. 

Come chi si limita alle cannette e non vuol provare la droga vera perché sennò ci rimane sotto, io boicotto instagram e perdo le ore su piattaforme che mi fanno sentire meno a disagio con la vita, convincendomi di saper stare comunque al passo con il mondo. Faccio finta che quello che mi fa paura non sia importante. Esiste una metafora migliore della vita adulta?  

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