Io ho bisogno di dormire e di sognare. Il fisico mi richiede un ciclo di riposo di almeno otto ore, preferibilmente nove, se possibile anche di più. Dormire per me è un enorme sollievo, un piccolo tappeto volante che mi preleva dal mondo fisico e mi porta in quello onirico, il mio preferito.
Le motivazioni sono varie: mi piace vivere solo con la luce; quando cala il buio inizia a serpeggiare un’inquietudine lungo la mia spina dorsale, e le cose prendono una forma diversa, meno definita e familiare; non posso sentire o vedere storia dell’orrore (ovviamente!) che poi inizio a girarmi e rigirarmi nel letto con la paura che una mano sinistra venga a prendermi.
Ho la tendenza alla trasformazione da umano a zombie sotto le sette ore di sonno: mi fa male la testa, sbadiglio ogni cinque minuti, il caffè non mi fa effetto, ogni mia azione andrebbe accettata solo con il x2 di whatsapp; e poi sogno poco ma sogno bene: storie avvincentissime piene di draghi, sirene, formiche che parlano, mucche che cantano in falsetto, alcune persino lucide (nelle quali sono consapevole di stare sognando ed esploro l’ambiente circostante come una vera avventuriera).
Ogni tanto faccio anche sogni molto semplici che riescono a coinvolgere tutti i sensi: l’ultima volta ero in una piccola pasticceria chic con il bancone in legno e le rifiniture d’oro, le bilance non elettroniche e piccoli quadri della principessa Sissi attaccati alla parete, e ordinavo tantissimi biscotti. Tutto il sogno era qui: io che, con un portafogli infinito, potevo comprare biscotti di tutti i tipi e li elencavo alla cameriera: lingue di gatto, ferro di cavallo al cioccolato, pasta di mandorle, occhio di bue con marmellata di albicocche. L’odore era pervasivo e pungente, dolce ma non stucchevole. Finiva con il mio bottino in tasca e la strana richiesta di una scatola di sardine sotto sale da portare al mio fidanzato, dicevo proprio “mi può dare delle sardine sotto sale, sono le preferite del mio fidanzato”. Poi mi sono svegliata e la sensazione di avere tutti quei biscotti nel sacco mi ha fatto venire voglia di inzuppare dei brazil nel latte a colazione.
È così bello potersi perdere, non dover decidere nulla, morire e rinascere, essere fuori dal tempo e dalla spazio ma comodissimi nel proprio letto (meglio se matrimoniale e con un piumone caldo caldo e un cuscino in memory, fatemi sognare per bene). Lo so che non sono più una bambina, me lo dite sempre, “solo i bambini dormono più di sette ore a notte” ma questo dipende dal rapporto che si ha con il concetto di soglia, io non voglio dormire solo per riposare ma per stare sveglia dall’altra parte. Registrare incontri impossibili, stare seduta a tavola con mia nonna bambina, passeggiare per il bosco con le rane, fare così tante giravolte da trasformarmi in un apribottiglia, parlare fluentemente cirillico.
Ecco a cosa mi servono le dodici ore: vivere avventure che provo ricordare per sopravvivere nelle dodici ore successive.