Non c’è più niente da temere! L’economia egemone verrà protetta a ogni costo, compreso quello morale. La paura di oltrepassare il punto di non ritorno non deve più terrorizzarci: tutti i giorni il Sole sorge e un nuovo traguardo in termini disumani viene raggiunto. Sono seduta in balcone e da questo dispositivo compatto che tengo tra le mani, fatto di plastica compressa, vetro e metalli vari, vedo il mondo sgretolarsi – o almeno la speranza che riponevo a riguardo. Superstite ai miei ideali infranti, solo la consapevolezza di dover resistere.
Da mesi, sempre più spesso mi accorgo di quanto io mi sia cullata nel privilegio di poter credere nel futuro. Sono stata cresciuta con grandi narrazioni, a scuola la Storia mi è stata spesso insegnata come se fosse un elenco cronologico di grandi avvenimenti, personaggi e idee, ma poi viene lasciato agli studenti il compito di restituire l’umanità a quei nomi. Conoscere il passato non basta affatto per capirlo, per gran parte della mia vista sono stata convinta che il buon senso avrebbe sempre vinto sul resto, magari con fatica, ma sicuramente ce l’avrebbe fatta. A poco a poco, crescendo, il lento risveglio. Oggi, di colpo, mi alzo dal letto e so che non esistono altre opzioni, resistere.
Giunti alla metà di questi anni venti, sappiamo che il mondo in cui siamo stati cresciuti è inequivocabilmente finito. E io mi sento debole, incapace e depressa. A diciassette anni ho iniziato a interessarmi di politica per una ragione molto pratica: dall’anno successivo avrei potuto esercitare il mio diritto di voto e non sapevo granché del mondo. Quando quasi tutto quello che sai, che ti hanno raccontato, è nel passato, sessanta, duecento, mille, centosessanta milioni di anni fa, la tua concezione di umanità si basa su quella storiografica, con indici, capitoli e finali, l’impatto con la pervasività caotica del presente è bello forte. Il mio mondo, quello in cui vivevo, aveva dei problemi immensi ed evidenti, a tratti faceva veramente schifo. Dovevo fare qualcosa e lo feci, lo studio, i collettivi, la politica dal basso. Poi arrivano le responsabilità, le fatalità, si inizia a esercitare la politica nel privato, l’ho sempre fatto con energia e grinta, ma ora qualcosa è cambiato.
Nessuno mi ha insegnato a tenermi il futuro, e ora che tocca a me, per forza, che ogni passo in avanti è una lotta, che la democrazia in cui credo ha perso posizionamento sulla scala dei valori, mi sento mancare come una pallida principessina che ha passato la notte insonne per colpa di un pisello secco sotto un centinaio di materassi imbottiti.
Mi sento uno schifo e la rabbia ha smesso di uscire fuori, si è costruita un perfetto habitat dentro di me e mi corrode. L’abitudine all’orrore l’ha trasformata in un veleno a lento rilascio che prosciuga le mie energie, non ci voglio più stare qua. Il senso di rifiuto mi fa passare un paio di giorni in stato catatonico,ciondolandomi da casa a lavoro senza rivolgere la parola a nessuno. La mia psicoterapeuta dice che è perché sono depressa, io non mi affibbierei tutte le colpe, è anche il mondo. Poi mi pervade una sensazione di cristiano senso di colpa, all’improvviso penso di essere proprio un’ipocrita del cazzo a stare così male e non aver fatto tutto il possibile oggi per lottare in quello in cui credo. E questo è vero come il malessere. Raccolgo brandelli di me e si ricomincia, ci si ferma solo per ripartire, sono molto stanca ma devo, è quello in cui credo, saranno anni duri, buona, impacciata e un po’ ridicola, resistenza. Sono già stanca al primo giro, è ridicolo, è tutto un po’ ridicolo in effetti, in bocca al lupo, ne avremo bisogno.
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