Nel momento in cui questo pezzo di serie sull’Ultimo Uomo finisce, la testata giornalistica più indipendente e cool d’Italia ha attraversato la sua evoluzione più significativa: il video. I podcast dell’Ultimo Uomo, ossia il suo aggregatore maggiore di ascoltatori/lettori, i cacciatori/raccoglitori del XXI secolo, si sono evoluti e hanno iniziato a guadagnare un pubblico più ampio.
È iniziato l’acme dell’Ultimo Uomo? Solo il tempo lo dirà.
Intanto il mio viaggio confuso e opaco arriva al capolinea, alla corte dell’ultimo imperatore, Dario Saltari. L’ufficio politico di UU nonché il suo membro più entusiasta. Come tutte le serie a puntate, finisce in modo autoreferenziale, ma parziale.
Lo spettro di Ultimo Uomo continua ad aggirarsi per lo spazio informativo del giornalismo sportivo italiano. La mia ossessione è finita, ho solo paura, come mi suggerisce un mio amico, che Video (Will) Kill(ed) The Radio Stars.
Dario, la storia è finita?
No, non credo. Capisco perché quella frase, quel concetto, abbia avuto molto successo, al tempo e adesso. Adesso funziona perché c’è una grande ossessione per la fine del mondo, la fine delle cose (della classe intellettuale non tanto italiana ma più anglosassone). Una visione quasi millenaristica-medievale, a volte giustificata, a volte no, ha contribuito a quello che voleva criticare, a un pensiero che non vede via di uscita che non sia l’apocalisse, la fine dell’umanità, della cultura, della storia. Capisco perché è stato mangiato dai meme, che un po’ esorcizzano con l’ironia. Sono un po’ i temi di adesso che ci hanno fatto ritornare a questo pensiero qui: la crisi climatica, le armi nucleari, dopo la guerra in Ucraina. Le armi atomiche che sono tornate a crescere dopo un periodo purtroppo molto breve in cui c’era stato un lavoro di smantellamento, le nazioni stanno ricominciando a armarsi. Dall’altra parte c’è una grande responsabilità culturale, però capisco che sto sparando nel sole, parlando per tutti, però c’è ovviamente uno zeitgeist, uno spirito del tempo, che è stata un po’ una profezia autoavverante.
Per esempio sulla crisi climatica: il modo in cui è stata raccontata ha un po’ contribuito a un pensiero pessimista, lassista. Ormai è andata non si può fare più niente, ci siamo schiacciati sull’orizzonte e da qui viene il discorso sull accelerazionismo. Se stiamo parlando del mio pensiero, io sono molto critico.
Quanta responsabilità c’è da parte dei partiti verdi nella narrazione della crisi climatica?
Dentro tutta la galassia dei partiti verdi ci sono grosse differenze anche nazionali, ci sono partiti verdi liberali, di estrema sinistra, tutta la parte dell’ecofascismo. Inevitabilmente stiamo generalizzando, ma al di là dei partiti, c’è molta più responsabilità nella parte culturale. C’è stato un fiorire di opere artistiche e culturali che facevano riferimento alla crisi climatica o a un cataclisma, che aveva come metafora la crisi climatica, e ormai sembra che tu debba metterlo per forza l’evento finale, l’apocalisse.
Per questo dico che c’è un po’ un pensiero millenarista: tutta questa digressione sul giudizio universale, c’è sicuramente qualcosa che con l’accetta mette la linea e finiscono i tempi. Ci siamo di nuovo dentro. E anche l’informazione su internet, come funzionano economicamente le testate ormai, devono sempre dare l’ultima parola, che poi su internet è un paradosso in termini.
Mettere la parola fine è una cosa che è tornata in varie forme. Secondo me è stata più una responsabilità culturale-politica, dopo tutto siamo in un’epoca in cui cultura e politica sono molto distanti, le due sfere si parlano poco.
Perché sei critico dell’accelerazionismo?
Non sono manco così esperto, non ho letto così tanto di pensiero contemporaneo, prendi tutto con le pinze. È un tipo di pensiero che parte da un’idea di inevitabilità delle cose, della storia, del tempo. Non sappiamo come andranno a finire le cose e quindi dobbiamo muoverci di conseguenza, finendo per denotare la stessa arroganza che vorremmo criticare. Questa postura ha già delle conseguenze pratiche nel presente: non dà scampo, ci ha messo su un binario che non ha altra destinazione.
È una visione iperagonsciante, ipercinica che produce effetti contraddittori e controproducenti invece di uscire da sé stessi e intervenire, lascia le persone in balia di sé stesse e nella passività, che è uno dei temi del perché non c’è attivismo politico, del perché adesso non c’è nessuno che fa nulla. Secondo me è tutto legato a questo tipo di pensiero solipsista.
Quindi questo orizzonte degli eventi non accadrà? O accadrà perché abbiamo narrato così gli eventi?
C’è una presunzione di base che è molto contemporanea, anche illusoria, se vai a vedere anche solo la storia degli ultimi quindici anni, nonostante l’accessibilità all’informazione, è stato tutto improvviso e imprevedibile, poi c’è sempre quello che ha scritto nel paper del 1992 che le cose sarebbero successe così. Di base nessuno si aspettava una pandemia globale, l’altro giorno ho visto un reel di uno che criticava Harari che in Sapiens dice che non è possibile un’altra pandemia globale, che una crisi finanziaria è impossibile che si verifichi di nuovo, nel 2007. Il futuro è imprevedibile sia in positivo sia in negativo, ci sono delle cose nel futuro che noi non sappiamo, questo vale anche per la crisi climatica, non credo che l’uomo sia condannato all’apocalisse, ma la realtà scientifica cambia nel tempo, non la voglio negare, però ci sono troppe variabili. Per questo le scienze sociali, che non sono scienze, sono così difficili da studiare, perché le variabili sono troppe.
Quindi sei scettico nei confronti di tutte le dottrine politiche deterministiche?
Intendi il marxismo?
Anche sì.
Sono molto affascinato dal marxismo, dal modo in cui analizza il presente e la storia, diversa però la costruzione del futuro, da Marx come storico a Marx come politico, dopo la dittatura del proletariato, lì casca un po’ l’asino, mi sembra che nel 2025 non abbia molto attecchito, non abbia davvero un significato politico, sarò felice di sbagliarmi. (ride)
All’inizio della tua tesi magistrale parli di un desiderio di conquista degli imprenditori dietro ai nazisti, giudicati a Norimberga. “Questi sono gli uomini che hanno voluto la guerra e l’hanno realizzata”, una prospettiva comunque materialista del conflitto europeo.
Certo, ma per me è una prospettiva molto illuminante e storicamente accurata. Ti dà strumenti che sono decisivi per capire cosa succede nel presente politico: che cos’è la classe, la coscienza politica, il Capitale, sia nello sfruttamento delle risorse, sia nelle istituzioni. Tu volevi imboccarmi sul materialismo storico?
Sì, tipo la guerra in Ucraina, da un punto di vista marxista, è facilmente decifrabile, poi, oh, Marx dice che la fine del capitalismo è il capitalismo stesso, questa cosa non è successa, quindi forse non è così certa nella decifrazione.
Fammi un’altra domanda, che se no entriamo in un vicolo cieco.
Sei diventato più disilluso andando avanti nel tempo?
È una buona domanda, perché è complicato rispondere. Non sono meno disilluso di quando avevo vent’anni, penso che il mondo possa cambiare in meglio, mantengo un po’ di fiducia che gli esseri umani possano collaborare e superare le incomprensioni per stare meglio su questo pianeta. Non penso che essere più informati e avere più esperienza ti porti a essere cinico o disilluso, mi sembra più una scusa delle persone ciniche e disilluse. Se uno ha delle grandi tragedie personali, è difficile fare questo discorso con leggerezza, accettare l’ingiustizia del mondo e del destino. Io faccio questo discorso con la leggerezza di un’adolescenza e un’infanzia borghese senza problemi insormontabili, che può essere paragonata a tantissime altre, conosco persone che hanno avuto passaggi più tragici dei miei. La fiducia negli esseri umani è un atto di fede, non dipende dai contesti.
Non è un po’ un pensiero magico questo?
Certo, il pensiero è magia, non esiste, ma cambia il mondo se ci credi, le variabili sono troppe per quanto riguarda gli esseri umani, il pensiero non lo puoi vedere, sono impulsi del cervello, eppure la cultura ha effetto nel mondo e si basa sulle idee.
Ha ancora un effetto nel mondo?
Sì, sì, un esempio è la destra salita al potere vincendo la battaglia culturale.
Quindi c’è un’egemonia di destra in Italia?
In Italia, nel mondo, negli Stati Uniti. Sono stati più efficaci nel trattare alcuni temi, cosa che faceva prima la sinistra e ora lo fa la destra, l’egemonia politica nasce da un’egemonia culturale, dalla questione migratoria, climatica, della sicurezza, della repressione. Sulla questione del sesso e dei corpi, la destra sta vincendo.
C’è una complicità della classe culturale nei confronti della classe politica?
A me disturba molto la condizione un po’ inconscia che c’è nella classe culturale, l’idea di non contare niente quando in realtà è determinante, è così che si è persa la battaglia culturale.
Perché c’è stato un riallineamento a destra?
Da una parte perché, citando Alessandro Lolli, è stata meno snob nei confronti di internet, ha saputo usarlo meglio e con più caparbietà, con i videogiochi, i meme, non essere snob, anche nello sport, l’MMA, il wrestling, tutti sport che sono armi della destra trumpiana, hanno passato una fase originaria di periferia della cultura perchè il partito democratico americano ha provato a repirmere quelle forme culturali e sportive, poi ognuno fa le sue valutazioni morali su MMA, wrestling e meme di destra ma il prezzo di essere poco rilevanti nel 2025 è una tua colpa, metto dentro anche Ultimo Uomo, un sito che pubblica pezzi da 25mila battute di cultura sportiva, si riferisce a un’epoca passata, che è dietro di noi.
Non dovreste pubblicarli?
Se volessimo essere mainstream, dovremmo fare scelte diverse, poi si può anche remare contro lo spirito del tempo con scelte legittime.
Perché secondo te tu sei riuscito a scampare, a differenza dei tuoi colleghi, a quel senso di non poter cambiare nulla nel mondo che ha la tua generazione?
Formazione familiare? Mia madre è una persona molto positiva, quando io ho fatto l’università era già il periodo dove dicevano che l’università non serve a niente, che mi fa sempre sorridere, perché io ho incontrato dei professori incredibili che mi hanno portato fino a qui, cioè a farmi intervistare sul mio pensiero, se me l’avessi detto quindici anni fa mi sarei messo a ridere, anche dieci.
Meglio questo o farsi un master in cybersicurezza? Per uno stipendio fisso forse meglio il master, ma allora bisogna farsi domande sull’università, comunque non te lo so dire con certezza, c’entra anche il signor degli Anelli, come tutto.
Opera cultura proprio dell’egemonia di destra.
Che non l’ha capito, tra l’altro. C’è una visione, in realtà cristiana, cattolica, di un atto di fede, di una speranza totale, non basato sulla logica razionale empirica in base a ciò che vedi e senti, ma una figura basata sull’essere umano, una scelta politica, una scelta di campo. Credo poco che sia legata al contesto questo tipo di cinismo, è una scelta molto personale quella di credere nelle persone, personale e quindi politica. È quello che distingue le ideologie, quando vuoi dividere o far stare insieme le persone, in base a quanta fiducia hai. È una visione ingenua ma preferisco essere ingenuo che cinico. Penso che sia veramente una questione di scelte personali e non di capirne di più del mondo. Quanto ci credi? Quanto hai fiducia nella storia di una persona, qualsiasi persona?
È proprio la fiducia nell’umanità più desolata, nella sua osservazione, che nascono personaggi come Marx e Dickens, che cos’è questa cosa che sto vedendo? Posso rispondermi homo homini lupus, gli uomini si ammazzano tra di loro e allora certo, questo però è il pensiero di destra e del capitalismo che fomenta la destra. Non voglio vivere abbruttito dalla disillusione.
Perché la destra non ha capito il Signore degli Anelli?
(ride) Perché è impregnato di una serie di riferimenti culturali legati all’epica cavalleresca, a società monarchiche, a quel immaginario lì, ma quella è la superficie, la cosmesi. Poi Tolkien era una persona reazionaria, ma talmente tanto reazionaria che faceva il giro. Era molto interessato alla mitologia anglosassone e norrena, quindi ha preso quei codici, se poi tu vai a vedere i concetti, i temi in fondo all’opera, sono legati al cristianesimo, Tolkien era anche cattolico e quella parte lì me la rivendico.
Però c’è una divisione netta tra gli abitanti della Terra di Mezzo, ci sono razze e razze.
Ci sono sicuramente razze, però non voglio monopolizzare la discussione su questo. Ci sono razze, che però ne esalta la collaborazione e superare i pregiudizi, c’è anche l’ecologia, un tema di destra prima e ora di sinistra. Un tema che viene molto sottovalutato è che chi salva la situazione è una razza che è alta un metro e mezzo e che nessuno si è mai inculato, con i peli sui piedi. È un atto di amore nei confronti anche della debolezza, la salvano dei personaggi che volevano farsi i cazzi propri e la situazione viene salvata per caso perché uno di questi hobbit è stato corroso dentro dall’anello e cerca di mordere il dito e cade nel monte Fato.
Le vie del Signore sono infinite, grazie a Gollum finisce tutto, in mano a Frodo non sarebbe finito niente. Non c’è un eroe, perdono tutti, un grande amore per la sconfitta, per la debolezza. Comunque a destra non l’hanno letto, sono persone che non l’hanno letto.
Anche ne Lo Hobbit, Smaug è un personaggio pazzesco, un drago parlante completamente estasiato dalle sue ricchezze, ma non ci fa niente.
Non voglio negare che ci siano temi che piacciono alla destra comunque, l’assedio di Minas Tirith è un calco di vari assedi mussulmani di Vienna nel 1500. Esistono, ma sono temi che fanno parte della cultura di Tolkien, ma se vai un po’ oltre la cosmesi, c’è altro; ci sono messaggi che parlano d’altro, poi ti puoi appassionare anche perché vuoi tornare ai re e ai draghi, però non è una visione così profonda dell’opera.
Quindi tu ti trovi vicino agli ideali cristiano-cattolici?
Inevitabilmente, come humus culturale, non si scappa.
Però tu hai deciso di attivarli?
Decidi di fare un percorso, comunque ho trentasei anni, sono super ignorante, non so niente e non lo saprò mai. Parti da un’infanzia battezzato senza saperlo, fai la comunione, il catechismo, ti insegnano religione a scuola, i concetti ti entrano dentro.
Il cardinale Pizzaballa ha detto una frase esemplificativa: vengo dalla bassa bergamasca, qui sei cristiano ancora prima di saperlo, e questo vale per l’Italia e per l’europa occidentale in generale. Poi è chiaro che hai una fase di rigetto, una fase di ostentazione di ribellione di questi concetti, però separo l’arte dall’artista, per me la contestazione nei confronti delle istituzioni cattoliche non è mai finita, separare il messaggio di Cristo da quello che hanno prodotto i suoi vicari.
Se parliamo di religione, di messaggi, è chiaro che il messaggio di Cristo è un messaggio con cui è difficile essere in disaccordo, ancora rivoluzionario, su questo la Chiesa Cattolica ha ragione. È obiettivamente stato un po’ dimenticato, se leggi i Vangeli, la parola di Cristo risuona ancora oggi. C’è qualcosa che riverbera, comunque siamo già preparati, il pensiero politico occidentale è di origine giudaico-cristiana, le radici sono quelle e tu inevitabilmente ti rispecchi, ma non sto dicendo nulla di interessante.
Radici rinnegate?
Tutta la discussione su Papa Francesco lo dimostra, stancante e retorica, però se ne discute. Tipo il gesto di far dormire i senzatetto sotto la loggia di San Pietro, che non cambia nulla sistematicamente, i senzatetto rimarranno senzatetto, però fanno discutere perché nel presente comunicano ancora molto. Perché il nostro sistema economico parte da una sfiducia nei confronti dell’essere umano, poi le due cose sono anche collegate, come diceva Weber sul protestantesimo, il discorso è ampio.
Ma noi non crediamo in Martin Lutero.
Eccoci. Però è vero che il capitalismo mette uno contro l’altro, tutto si sostiene sull’arracchirsi a discapito degli altri, porsi sopra, come se il denaro desse un altro spessore morale. Tutte cose in netto contrasto con la parola di Cristo, basta leggere i Vangeli. E’ una discussione interna alla Chiesa, San Francesco è stato dirompente perché sembra ricordare: perché la Chiesa non fa quello che ha detto Cristo?
Ecco perché c’è un dibattito così forte su Papa Francesco, su destra e sinistra. Il fatto che il Papa faccia discutere anche i non credenti smentisce un po’ la vulgata per cui la Chiesa è irrilevante. È chiaro che non incontra più re come Carlo Magno, ma il fatto che l’Occidente sia ancora il blocco politico che domina il mondo e ha le radici lì rende la questione rilevante sempre. Poi magari tra 500 anni, quando il blocco asiatico sarà dominante, sarà finito tutto. Speriamo perché l’Occidente ha rotto il cazzo. Sono duemila anni che stiamo qui.
C’è stata però una complicità della Chiesa su battaglie sociali mai avvenute.
Per me è uno scandalo che i Patti Lateranensi siano nei principi fondamentali della Costituzione, non si possono cambiare nemmeno con le leggi costituzionali, a meno che non fondiamo una nuova repubblica italiana, che tra l’altro perché no? La Francia l’ha fatto tre volte. Sono assolutamente d’accordo, ci sono responsabilità anche più gravi, la connivenza con il fascismo ha un’eco ancora oggi. Stavo riflettendo su lettere morte che in realtà non lo sono, poi ho visto due cartelloni con “Grazie Papa Francesco” e mi cascano i coglioni. Lì però sta la questione, cosa mi sta comunicando la realtà? Ci sono temi che hanno ancora un loro peso.
Ho letto il tuo pezzo su Abramovic del 2017, c’è un campo di azione per noi per fermare personaggi di questo tipo o bisogna aspettare sull’argine del fiume? C’è un campo di azione per l’attività politica?
C’è una citazione di Marx che dice, la parafraso, il re pensa che tutti gli obbediscono perché è re, invece è re perché tutti gli obbediscono. Certo che c’è un modo per fermare queste persone, hanno potere capitalizzando da noi, persone comuni. Io ho fatto una tesi triennale sul populismo, termine interessante, ma il popolo cosa è? Che significa? Sono i cittadini italiani? Sono quelli che abitano questo paese? È impossibile definire il “popolo” ed è questo fumo che aiuta i cinici delle dottrine politiche. Che significa noi? Proletariato? Io non posso definirmi proletario. Noi del Lazio? Noi italiani? Lì nasce l’azione politica, la creazione di un campo politico, arrivo alla domanda, sì, possiamo. Ma penso che ormai ci sia una sfiducia, una specie di ironia nei confronti dell’attivismo politico.
Tu sei l’unico dell’Ultimo Uomo che si è esposto per appoggiare un partito politico, AVS, alle europee dell’anno scorso. Emanuele mi sembrava radicalmente contrario a dover dettare la linea.
Secondo me è una questione molto importante che non esce tanto nel mondo italiano, questo sarcasmo di poter incidere nella politica e il fatto che ci provino le altre persone. L’esperienza del M5S non è stata ancora ben processata in Italia a livello intellettuale: c’è un partito che ha iniziato con la voglia di cambiare il sistema per arrivare a un sistema tecno ottimista di democrazia diretta, tutte idee positive, quasi prove davvero di socialismo, che ha avuto un successo clamoroso, che è stato mangiato vivo dalla stampa ed è finito in maniera grottesca per le relazioni di potere, con dietro tutto lo snobismo della classe dirigente. Questo ha creato la risata classica nei confronti di chi si impegna. L’intellettuale che si espone è ormai un meme e questo è grave, perché crea un vuoto, perché non tutti hanno il tempo di leggere, di informarsi, perché fanno lavori peggiori del mio che posso parlare per un’ora e mezza del signore degli anelli. Per queste persone gli intellettuali sono importanti, in questo vuoto si è inserita la destra e si vede.
Siccome voi fate un giornale con un pubblico molto maschile, volevo chiederti dalla tua esperienza, qual è il motivo per cui gli uomini si radicalizzano a destra?
Io vivo in una bolla lontana anni luce, non penso che la mia esperienza sia statisticamente rilevante. Soprattutto nel mondo dello sport, si è visto come la sinistra ha perso molta aderenza, questa diffidenza nei confronti di sport popolari, come il calcio. Non ti so ben rispondere a questa domanda, perché sono stato giovane in un’epoca diversa da questa, quindi non so bene, ho una visione filtrata da Adolescence di Netflix e non so se è la realtà, soprattutto in Italia, è un tema ingigantito da questi ultimi anni, ossessiona la sinistra e la destra ci gode che la sinistra sia ossessionata. Perché l’unico obiettivo ideologico della destra è far impazzire la sinistra, quindi ci è entrata col coltello e sono stati messi sopra a tutto, nella piramide alimentare-ideologica sono sempre in cima e la sinistra ha pagato lo scotto di essere ossessionata dal sesso, dato dalla cultura anglosassone, questa cosa mi fa impazzire, che siamo colonizzati da temi che non centrano niente con la nostra cultura, ma arrivano dalla capitale dell’Impero e quindi dobbiamo cuccarceli, questa idea così morbosa del sesso e dei corpi, questa idea così americana è entrata in modo prepotente nella nostra cultura. Questo è uno dei sottoprodotti dei colonizzatori americani e un po’ mi disturba, una delle cose che mi disturba di più, siamo ossessionati da Donald Trump, sappiamo tutto, quando non so manco di cosa si tratta in questi referendum che dobbiamo votare NOI a giugno, però sappiamo chi è Ocasio-Cortez, utile, utile a niente.
Io non voglio iniziare il beef ci mancherebbe, ma Marco mi ha detto invece che l’università non serve a niente, invece tu l’opposto e io trovandomi tra questi due fuochi, volevo sapere che ne pensi.
Anche questa cosa mi fa impazzire, si lega al discorso di prima, cosa farai dopo?, se penso alla confusione con cui ho fatto tutto, il periodo post universitario è stato uno dei peggiori, sei stato a scrocco dai tuoi, ormai sei grande e quindi senti la pressione che sale però non hai nulla in mano, se studi le cazzate come noi, quindi ti senti un po’ in trappola, però questa discussione è interessante, se nel 2008 mi vessero detto tu tra sette anni inizierai la tua carriera da giornalista sportivo, l’avrei vista come una cosa degradante, perché parti da un background di sinistra che vede lo sport in un certo modo, ma tu pensi di sapere le cose, ma non sai mai un cazzo, non conosci come si muove la fortuna, cosa ti cambierà cosa no, a me l’idea che al liceo devi iniziare a pensare che lavoro farai, una specie di idea medievale di fare più figli per avere più braccia, pensavamo che col progresso c’era la società dell’abbondanza, ma invece non è il contesto ma quello che pensi, è l’ideologia del mondo che cambia, ma pensare a che lavoro fare al liceo, poi ci sono persone che hanno la vocazione, da bambina mia sorella voleva fare il medico, adesso fa il medico, però non puoi imporre a una persona di prevedere il futuro o comunque di imporselo prima di aver compiuto la maggiore età, tutte le cose spacciate per privilegio e naivetè cioè prendersi del tempo per fare delle cose che magari non ti servono adesso ma magari dopo sì.
Per questo dicevo che bisogna capire a che serve l’università, serve a formare la forza lavoro o a formare persone migliori? Se serve a formare la forza lavoro allora aboliscila. Crea centri professionali e ristabiliamo il mondo per corporazioni, come voleva il fascismo. Imporre una visione del mondo oggi è sempre un atto violento. Ne stavo parlando con la mia compagna tempo fa, per me il liceo non è stato quello di Muccino, occupazioni, canne, io stavo nell’ansia, avevo un’ansia pazzesca, ora che faccio, che devo fare, dovrei fare questo, vado così male in matematica, come faccio se non la so, la storia mi piace ma non serve a un cazzo, e quindi le dicevo perché i miei genitori non mi hanno detto “sei libero”? quello sì che è stato un privilegio, oltre al fatto di poter crescere in una famiglia benestante che mi ha pagato gli studi, che non mi ha mai messo pressione fino a un certo punto, se ti prendi un anno per finire l’università o per andare a studiare i semi di quinoa fallo, tanto non cambia un cazzo, è una banalità dire posso fare quello che voglio, ma io sono arrivato a questa consapevolezza molto tardi nella vita, ero già in un binario. Perché ho proprio detto alla mia compagna, se facciamo un figlio, bisogna dirgli subito che è libera di fare quello che desidera, puoi stare tranquilla, a meno che non instaurano un regime nel frattempo.
Mio padre mi diceva sempre “c’hai dei soldi in tasca? manco 10 euro?” e io dicevo “no non mi servono non devo comprare niente” e lui rispondeva con sta cazzata “e se qualcuno ti offre un asino?” che voleva dire se c’hai un’occasione la devi prendere, non puoi sapere che succede. Marco parla parla , ma ha studiato lettere e sta qui a scrivere, legge Dostoevskij e dice che non serve a niente, ma se leggi trovi quella frase che magari ti illumina, ti spinge nel mondo, non sai mai, sto per diventare Gramellini, mi dispiace per l’intervista, magari tra 10 anni saremo tutti programmatori davanti al prompt di Chat GPT e avranno ragione loro.
Domanda conclusiva di questo ciclo di interviste a Ultimo Uomo: secondo te ha senso intervistarvi?
Questa è la domanda che ci siamo fatti soprattutto io e Marco, ma questo che cazzo vuole farci con queste interviste? No, non lo so. Qui lo dico, senza alcuna modestia: Ultimo Uomo ha una storia pazzesca, unica nel suo genere, nello scenario della cultura italiana, se ci conosci a noi quattro, siamo quattro scappati di casa che fanno l’unica rivista sportiva indipendente di Italia, che fa pezzi assurdi, quasi tutti, diamo spazio a persone assurde e le persone ci pagano per leggere questi pezzi, anche la storia è folle, Tim Small che aiuta Daniele Manusia, prima da Alkemy, poi Sky, poi siamo diventati indipendenti. Se tu la dicevi a chi ha fondato UU nel 2013, che nel 2025 saremmo stati qui a combattere per la nostra indipendenza, in un panorama desolato e desolante di contributi pubblici che tengono in piedi dei giornali, non c’è mercato, non nasce più niente, nascono solo pagine instagram di meme, secondo me la nostra storia è un mezzo miracolo, per me ha molto senso, abbastanza incredibile che, poi magari è ubris, nessuno venga a raccontarla questa storia, dal 2018 al 2025 ci siamo pagati e ristrutturati un posto al Pigneto, con nessuna prospettiva, con la potenzialità di finire da un momento all’altro, dati alla mano, io pensavo finisse prima. Io infatti ti ringrazio di poter parlare così del mio pensiero come se fossi Bakunin, dovrebbe essere una storia che ispira, che fa in modo che le persone escano dal letargo, che essere liberi non è solo una roba da fricchettoni, ti dà del potere. Ora noi abbiamo una voce, ascoltata da un sacco di persone, e abbiamo formato uno stile, un modo di pensare, che esiste nel mondo, le persone lo riconoscono e questo dovrebbe spingerti a farlo, è faticoso, a volte pensi che sia finita, che ci siano dei dubbi, ma si può fare. Questa cosa, forse, si è un po’ persa.
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