IS THIS YOUR PSYCHEDELIC REVOLUTION? Intervista a Federico Di Vita

IS THIS YOUR PSYCHEDELIC REVOLUTION? Intervista a Federico Di Vita
Professor Bad Trip, Psycho, 1996 © 2017 Eris.
[Tempo di lettura: 7 pignalenti]

Leary in prigione / Gelpke è morto / cure psichiatriche negli ospedali / is this your psychedelic revolution? Abbiamo preso sul serio qualcosa / con cui ci è permesso solo giocare / o viceversa?  L’11 maggio 1974 lo psichiatra e scrittore Walter Vogt scriveva questa – da lui stesso definita- “poesia crepuscolare” in una lettera ad Albert Hofmann, il padre dell’LSD. Sebbene la storia delle “droghe” cominci ben prima, in terre e tra popolazioni (anche europee) che sono state poi sfruttate, saccheggiate e devastate dalla repressione inquisitoriale della Chiesa, l’interrogativo nella poesia di Vogt – abbiamo preso sul serio qualcosa con cui ci è permesso solo giocare o viceversa?–  rappresenta quella ambivalenza insita nelle droghe e nella loro ricezione e impiego nella cultura occidentale: orrore e meraviglia, bad trip e visioni celestiali, colonialismo e sincretismo delle culture, inquietanti esperimenti militari e cultura underground, comunismo acido e spiritualità. La storia delle droghe ha interessato curanderas*, poeti, artisti, i nazisti, la Cia, hippies, ravers, scienziati. Dal Novecento in poi le droghe in occidente hanno condotto a: proibizionismo, criminalizzazione, psichiatrizzazione, mafie, carceri, ospedali psichiatrici, dipendenza, morte. 

Da qualche anno, al contrario, le sostanze psicotrope sono tornate al centro dell’attenzione con un interesse tale che il fenomeno è stato definito Rinascimento – o Illuminismo – psichedelico. Ciò è dovuto principalmente ai risultati promettenti raggiunti dalla ricerca medica sull’impiego di sostanze come dmt, md, ketamina, ayahuasca, psilocibina, lsd nel trattamento di diverse patologie quali la sindrome da stress post-traumatico, l’ansia di morte nei malati terminali, la dipendenza da alcol, la depressione, l’emicrania, la cefalea. Alle ricerche sul valore clinico-terapeutico, si aggiungono: la diffusione sempre più vasta di letteratura specialistica, ma anche di prodotti mainstream (ad esempio The Goop Lab di Gwyneth Paltrow), sul tema; l’utilizzo del microdosing di LSD e psilocibina come coadiuvante dell’umore e della produttività; una generale riscoperta di riti neo-sciamanici e di una spiritualità più o meno posticcia. Se da un lato dunque si sta riconoscendo a queste molecole la capacità -se assunte in un determinato setting e con informazioni adeguate- di liberare dal giogo di una mente ossessiva e ripiegata su se stessa o rivelare una dimensione altra della vita, dall’altro si affacciano interessi economici che rischiano di sussumere questa nuova ondata di “rivoluzione psichedelica” rendendola oggetto di gatekeeping o merce/stile di vita “esclusivo”. (Nel mentre in Italia, la Lega ha proposto un emendamento per proibire l’utilizzo del disegno della foglia di marijuana). Ne ho parlato con Federico De Vita, scrittore e autore del podcast Illuminismo Psichedelico.

A marzo il podcast è giunto alla 100a puntata: da dove è nata l’idea (da quali desideri, necessità, incontri, esperienze di vita) e come si sta sviluppando il progetto?

L’idea del podcast nasce da un lungo interesse personale e accademico. Ho approfondito il tema delle visioni in letteratura nella mia tesi in Critica Letteraria, cercando di individuare una grammatica delle visioni attraverso i secoli. Ho trovato delle similitudini e degli elementi che ritornavano -il locus amenus, l’insorgenza di un personaggio di fattezze divine- in opere come Gli esercizi spirituali di Ignazio da Loyola, i racconti dei mistici e delle mistiche come Santa Teresa, fino alla letteratura europea dell’Ottocento e del Novecento con il “cult” della psichedelia Alice nel Paese delle Meraviglie. Il mio interesse per gli psichedelici è iniziato circa 20 anni fa in Olanda, quando ho sperimentato i funghetti in un contesto ideale di “set e setting” a Kinderdijk. Nel 2021, ho curato il libro La Scommessa Psichedelica per sensibilizzare il pubblico italiano sull’importanza culturale degli psichedelici, ottenendo un grande riscontro. Ispirato alla serie Midnight Gospel e al podcast Duncan Trussell Family Hour, ho pensato che il formato del podcast potesse raggiungere un pubblico più ampio. Ora, supportato dall’Associazione Luca Coscioni, il podcast ha superato le 100 puntate, ma il mio obiettivo è arrivare almeno a 1000.

Quali sono alcuni dei principali miti o malintesi sulla psichedelia che cerchi di sfatare nel tuo podcast? E quali interviste o confronti sono stati per te più significativi?

Uno dei miti principali che cerco di sfatare è che gli psichedelici siano semplicemente “droghe” senza valore terapeutico o culturale. Voglio rimuovere lo stigma attorno a queste sostanze e far sì che diventino di interesse per la cultura italiana. Ricordo che quando volevo recensire il libro di Pollan Come cambiare la tua mente per Il Foglio, ho impiegato tre settimane a convincere il caporedattore dell’importanza del tema. Alla fine, quando la recensione uscì, lo stesso Pollan la ritwittò. Questo è successo tre o quattro anni fa, e da allora il sentimento è decisamente cambiato. Ho capito che c’è molto interesse per le ricerche scientifiche sugli psichedelici, quindi ho dedicato diverse puntate a questo tema, poiché me lo chiedono spesso gli ascoltatori. Io mi diverto di più quando faccio le puntate più pazze.

Fare informazione su questo argomento è una battaglia chiaramente culturale ma anche politica. Oltre al tuo podcast, hai anche scritto sull’argomento, per  esempio hai curato il  testo collettivo La scommessa psichedelica. Sia nel testo che nel podcast, nella tua attività di divulgazione tutta, ti occupi tanto di esplorare la storia, le storie, sull’utilizzo delle sostanze a scopo ricreativo (o “mistico”), quanto di informare riguardo agli impieghi di queste straordinarie molecole in campo medico, terapeutico, e di assistenza. Il “rinascimento psichedelico” riguarda entrambi gli aspetti anche nella convinzione che non deve essere necessario essere “malati” diagnosticati per beneficiare della possibilità di migliorare la vita, attraverso l’esperienza di sentirsi vivi, di sentirsi connessi, di vedere e sentire oltre i propri schemi abituali. Pensi ci possa essere il rischio che riconsiderare alcune sostanze, ma solo in ottica “riabilitativa” o terapeutica, possa accrescere lo stigma e isolare ancora di più chi le consuma in dosi massicce “solo” per vivere esperienze di alterazione dei sensi e della coscienza? Che prospettive vedi e qual è la scommessa che faresti oggi?

Nel libro La scommessa psichedelica ho cercato di coinvolgere voci di diversi ambiti, come Vanni Santoni, Edoardo Camurri e Agnese Codignola, proprio perché sono convinto che l’informazione e la cultura sulla psichedelia non riguardino solo l’aspetto scientifico. Il rinascimento psichedelico è stato trainato dalle ricerche scientifiche, che hanno permesso di reintrodurre questi argomenti nel dibattito pubblico. C’è il rischio che si limiti l’uso degli psichedelici a contesti “ferocemente” terapeutici, ignorando i loro usi tradizionali, ricreativi e comunitari. In Italia e in Europa, l’uso clinico di sostanze psichedeliche è ancora in fase di sviluppo, con diverse sostanze in vari stadi di sperimentazione clinica. La cultura psichedelica sta crescendo, con una maggiore consapevolezza e accettazione rispetto al passato, grazie alla divulgazione e all’informazione. Tuttavia, la regolamentazione legale rimane restrittiva. Questo alla fine diventerà un problema non tanto perché aumenterà lo stigma sui consumatori, ma perché regolamenterà gli usi consentiti, ovvero quelli terapeutici e basta. Nel mondo reale non è così: ci sono altri tipi di usi, ricreativi, ma anche usi tradizionali in Centro e Sud America, così come in alcune regioni dell’Africa, di sostanze come mescalina, funghi o ayahuasca, che sono usi comunitari e religiosi. Gli sciamani stanno cominciando a vendere queste sostanze agli occidentali come rimedi terapeutici, ma per quelle culture non è mai stato solo quello. Servivano per andare a caccia, per i sacrifici umani, per andare al cospetto del dio. In molti paesi del Sud America, l’ayahuasca è legale e riconosciuta come patrimonio culturale. In Colombia, c’è una squadra di calcio che ha vinto il campionato facendo sedute di ayahuasca – in termini occidentali hanno fatto team building. Quindi, gli usi vanno -e sono sempre stati- molto al di là. È importante non colpevolizzare, criminalizzare e riconoscere alcuni tipi di usi, magari sì in setting controllati, ma non solo terapeutici, perché non è giusto perseguitare chi lo fa. La mia scommessa è che, attraverso l’educazione e l’informazione, riusciremo a superare i pregiudizi e a integrare questi strumenti in modo positivo nella nostra società.

Ponendoci in una prospettiva antiproibizionista e senza voler demonizzare alcuna sostanza e soprattutto chi ne fa uso, esiste certamente una differenza tra gli psichedelici e le droghe come la cocaina o l’eroina, più “cattive”, più consumistiche, distruttive… come ti poni nei confronti della distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti (o “hard” in inglese, dure)?

La distinzione tra droghe leggere e pesanti è spesso arbitraria e orientata più al controllo sociale che alla reale pericolosità delle sostanze o alla salute di chi le consuma. Ho una visione radicale su questo: bisognerebbe fare molta informazione, inclusa quella sulla riduzione del danno, e legalizzare e centralizzare la vendita. In Italia ci sono 6-8 milioni di consumatori di sostanze (escludendo alcol e tabacco), quindi andrebbero messe tutte sullo stesso piano. Inoltre, così si combatterebbero le mafie, non tanto per gli psichedelici ma per cocaina, eroina e marijuana.

Quali sono i rischi, le contraddizioni e i pericoli del rinascimento psichedelico?

C’è il pericolo che queste sostanze vengano trasformate in prodotti commerciali, perdendo il loro significato culturale e spirituale. Noi come europei abbiamo una lunga storia di colonialismo e adesso c’è anche il problema del turismo degli occidentali in America Latina o in altre zone ricche della straordinaria farmacopea aborigena: ad esempio i rospi bufo rischiano di estinguersi perché troppe persone vanno nel deserto a cercarli, anche i peyote stanno finendo perché i turisti ne colgono troppi e le persone indigene non vogliono coltivarli,  loro prendono solo quello che spunta dalla terra. Per quanto riguarda l’ayahuasca, stanno giustamente cominciando a “fregare” i turisti e ci sono persone che si presentano come sciamani pur non essendolo, quindi possono capitare delle esperienze brutte, terrificanti, anche perché non sono da prendere alla leggera gli effetti di queste sostanze. Bisogna avere accortezze quindi, e per approcciarsi con rispetto anche alle culture e alle terre lontane dalla nostra bisogna informarsi, capire cosa è accettabile e cosa no. Queste sostanze però si trovano anche coltivate o sintetizzate in laboratorio (lasciateli stare questi rospi, tanto c’è il 5DMT!), anche considerando che ci sono delle zone del mondo dove queste cose sono legali anche in Europa, in Olanda o Portogallo, e poi il Canada, il Sudamerica.

C’è la possibilità di sostenere il podcast attraverso donazioni, che danno accesso a “contenuti speciali” come un gruppo Telegram e sedute con psicologi. Attorno a questo progetto si sta creando una community di appassionati, novizi e curiosi. Sarebbe bello creare più momenti “IRL” di incontro e condivisione di saperi teorici e pratici, come workshop. È nei tuoi piani? Qual è, secondo te, la città più psichedelica d’Italia?

Spesso faccio le puntate dal vivo, quindi ci sono già occasioni di incontro ma non ho ancora organizzato un evento collettivo. L’idea della rete è molto importante per me, al di là del sostegno al podcast. Tante persone non hanno una comunità di supporto su questi temi, ed è fondamentale non essere soli. Più volte mi è stato proposto di organizzare un piccolo festival annuale, che sarebbe un’ottima occasione per mettere insieme contenuti e persone. Spero che prima o poi questo si realizzi. Le città da cui proviene la maggior parte delle persone sono Milano, Bologna, Roma e Firenze. In termini di “psichedelicità”, direi che Bologna, Roma, Firenze e Bari sono a pari merito. Merita anche Alicudi, a cui abbiamo dedicato una puntata del podcast, che è dove per decenni c’è stata un’intossicazione collettiva di segale cornuta.

Per concludere, ribadendo l’importanza del set e del setting, ti va di raccontare una delle esperienze più insolite che hai vissuto?Chiudo con un aneddoto: c’è un libro che si chiama TheMuseum Dose, una sorta di manuale per andare a vedere il museo in stato alterato, dato che il rapporto tra psichedelia e arte è molto stretto. Una volta quindi ho preso una dose soft di LSD agli Uffizi, da solo, e ho notato una cosa incredibile: gli Uffizi sono disposti su tre piani che sono tre lunghi corridoi, il mio preferito è quello sopra dove poi ci si affaccia e ci sono le stanze con la Venere, Leonardo, Michelangelo, eccetera. Queste stanze sono comunicanti tra loro e in mezzo c’è il corridoio dove ci sono alcuni disimpegni. In uno di questi stanzini ho visto dei bassorilievi, che avevo già visto mille volte, ma mai “under effect” e stavolta ho pensato: “Questi sono finti, sono copie.” Poi quando mi è passato l’effetto c’ho ripensato e mi dicevo “ma ti pare che agli Uffizi ci sono delle copie”, però sono andato a controllare e avevo ragione: perché quelle sono copie di formelle dell’Ara Pacis (che io non avevo mai visto!).

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