Eccolo lì, fiero, su tutti gli argomenti la sua opinione è nel mezzo e ci tiene sempre a ribadirlo che comunque ≪si sbaglia sia da una parte che dall’altra≫. Gli estremismi non fanno per lui, la sua mossa infallibile è quella di invocare la logica, l’oggettività e la fattualità e metterle all’inizio o alla fine di un discorso tipo un ≪amen≫. Il mondo del moderato è oscuro, spaventoso: a destra c’è un branco di mostri sociopatici assassini di neri, donne e omosessuali, a sinistra il partito nazista arcobaleno che attraverso un’inquietante strategia glitterata sta prendendo il sopravvento in tutto il mondo, è fattuale. 

Utilizzando un impegnativo – non per lui – sistema di pesi e contrappesi, riesce a rimanere sempre al centro: il posizionamento è più importante di ogni altra cosa e lui sta a metà, dalla parte degli onesti. Ogni volta che la conversazione pende verso il consegnare il merito di  buonsenso a una delle due fazioni, il moderato fa una capriola, grida ≪parkour≫ e sfruttando la confusione generale riparte mettendo sul piatto svantaggiato un elemento accuratamente cherrypickato per ristabilire l’ordine.

Si potrebbe dire che quella per l’equilibrio sia per il moderato una vera e propria ossessione, la coltiva, la ricerca, diciamola meglio: parte dall’assunto che la società -la stramaledetta società- in un modo o nell’altro ce l’abbia davvero questo gradiente oggettivo e calcolabile che va dal mostro alla nazizecca. Questa proiezione grafica mentale è una sicurezza geometrica, un ferro di cavallo piantato dietro al cuore, il fulcro irrinunciabile del suo pensiero.

Una cosa importantissima da sottolineare per il moderato è che la sua posizione non ha nulla a che vedere con l’ideologia: il suo disprezzare gli estremi è naturale, come il ghigno che gli viene spontaneo emettere quando qualcuno lo incalza con posizioni diverse dalla sua. Il moderato lo sa benissimo, il problema della società sono gli stupidi e questi stanno sia a destra che a sinistra. 

Se c’è un’altra cosa che tutti i moderati sanno, e che allo stesso tempo soffrono, è quella di essere tra i pochi a pensarla così. Il loro è un solitario infinito, sono gli unici, ma poi trovano qualcuno che la pensa come loro, e che sembra non sguazzare nel fango delle opinioni estreme come un maiale, e allora si accorgono che soli non lo erano mai stati, che chissà quanti altri là fuori non hanno buttato al cesso l’onestà intellettuale. Quando finalmente si incontrano, i moderati capiscono subito che il minimo comune denominatore per abbracciare la perentoria essenza del pensiero razionale è quello di essere dei timidoni.