mettere la mia foto nei cv

mettere la mia foto nei cv
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È l’ennesima domenica che passo, curva e abbrutita, sul divano di casa a scrivere il mio cv. Anzi i miei curricula. Ogni domenica si porta con sé una specializzazione diversa: ho il cv come autrice, quello come sceneggiatrice, quello come insegnante, quello come social media manager, quello come tuttofare (cameriera, babysitter, commessa, animatrice turistica, fantasma, gatto, palloncino). Il mio preferito è quello caotico: una selezione non ragionata di lavori svolti e di altri immaginari che mando alle domande di lavoro che non comprendo fino in fondo. Quelle con un linguaggio ibrido, un po’ italiano, un po’ inglese, un po’ milanese, nelle quali devi essere flessibile, avere esperienza 5+ anni, conoscenza di una lingua straniera scritta e parlata e una partita iva così per non assicurarsi nessuna pensione in futuro e probabilmente nessun altro cliente mentre lavori per loro. 

Un settembre di qualche anno fa ero stata pre-selezionata per un tirocinio in una Fondazione romana della buona buonissima borghesia, quella dei salotti tirati a lucido e dei gin tonic al rosmarino nei bicchieri di latta, mi avevano detto “bene, benissimo, ci piace ma aggiungi una tua foto carina sul cv così le signore possono vedere quanto sei carina”. Io avevo eliminato ogni traccia del mio aspetto dal cv per vari motivi: il primo è che sembro molto giovane, troppo giovane. Ho il viso di una dodicenne e le persone non mi prendono sul serio:sembri appena uscita dal liceo, quanti anni hai? che vuoi fare da grande? Non saprei, ho già due lauree, un master e lavoro da quando ho diciotto anni, vedi te. Il secondo è che le uniche foto formato cv che ho sono di quando ero bionda platino, e nessuno, dico nessuno crede che Carrie Bradshaw abbia letto Pasolini e Landolfi, quindi sarebbe confermare, dopo aver dimostrato di essere abbastanza grande per lavorare, di non essere stupida e ignorante nonostante il colore di capelli. 

Il mio cv è diventato una struttura ossea, un foglio spoglio scritto in courier new senza nessuno slancio, solo una serie asettica di attività, di lavori svolti e poi la formazione e le pubblicazioni: una professionista. 

La cosa più divertente che ho fatto è stata presentarmi agli appuntamenti di lavoro con una borsa di tela della Pimpa, degli occhiali da vista a righe anni ‘70, un pile coloratissimo e vedere le facce lunghe degli esaminatori confrontare la mia figura con quella sul mio cv e non riuscire a mettere insieme i pezzi. C’è sempre una divertente sorpresa nel mostrarsi ai selezionatori come una ventisettenne nel corpo di una dodicenne, una strana creatura che sembra aver fatto un patto malefico con un quadro in soffitta. Per un secondo gli uomini in giacca e cravatta credono che tutto sia falso, che io non sia io, ma una spia sotto copertura per creare del caos nel mondo delle assunzioni. Alla fine non mi prendono mai, arrivo sempre alle pre-selezioni, sono troppo preparata per essere scartata prima, ma non sembro mai abbastanza autoritaria per ricoprire un ruolo di potere. Non c’è aderenza tra me e il mio cv. Un’impronta di me stessa, un fantasma, la spina dorsale delle cose spuntate in una casella ordinata, una lista che dice chi sono ma non mi mostra mai. 

Ieri ho mandato l’ennesimo cv, sono pronta per essere chiamata, alle volte mi chiedo se è ora di andare in camicia, poi mi ricordo che il mese scorso senza farlo di proposito mi sono presentata al colloquio per il dottorato con una maglietta con scritto “good girls go to paradise, bad girls go backstage” e allora penso che non ci sia nessuna cura alla mia allegria o di sicuro non sarà il lavoro. 

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