È strano come il significato di una parola rimanga associato a un’immagine, a una scena che abbiamo vissuto. Lo chiamano processo sinestetico: una sfera sensoriale si fonde con un’altra. Ad esempio, per me la parola ‘passione’ è mio fratello Luca che bacia la presentatrice del nostro programma preferito. Eppure, anche ‘olio di gomito’ per me rimane un sinonimo di ‘passione’. Lavala con passione quella camicetta. Ma andiamo con ordine.

È un freddo pomeriggio del 1995 quando mio fratello, anni sette, ed io, anni cinque, stiamo facendo merenda davanti al televisore: pancarrè e marmellata alle fragole per entrambi; solo che io ho la camicia bianca e non sono autorizzata a sporcarmi, lui invece ha la tuta e un baffo rosso che parte da sotto al naso e finisce al centro della guancia destra. Capita. Stiamo ridendo come matti davanti al nostro programma preferito. L’unico neo sono i bambini che fanno da pubblico nel programma. Ci fanno un po’ indispettire: perché loro sono in televisione e noi invece dobbiamo andare a scuola? (Anche quei bambini in realtà andavano a scuola, avremmo imparato più tardi). Nostra madre fa avanti e indietro tra il salotto e la cucina mentre prepara la cena. Fin qui tutto normale. Quello che non capisco è invece come mai mio fratello continui a gettarle delle occhiate furtive. È già sceso dal divano e si è seduto zitto zitto sul tappeto. Non sarebbe permessissimo ma oggi, come dicevamo, ha la tuta e un’eccezione si può fare. 

Mia madre compare in sala; mio fratello si blocca. Mia madre prende un vassoio dalla vetrinetta e scompare in cucina; mio fratello striscia il sedere sul tappeto finto persiano e avanza verso la televisione di mezzo metro. Mia madre torna in sala e cerca un’insalatiera nella vetrinetta, ci guarda ma non ci vede, è immersa nei suoi pensieri; intanto mio fratello si è pericolosamente avvicinato al televisore. È tanto vicino che farebbe urlare a mio padre via di lì che ti rovini la vista se ci fosse, ma lui non c’è. 

Questo momento è decisivo. Mia madre è il T-Rex: se mio fratello non si muove, lei non lo vede. E mio fratello, che a Spielberg gli fa le scarpe, sta immobile, con la testa a meno di trenta pericolosissimi centimetri dalla tv. Mia madre infine esce. A questo punto mio fratello si alza in piedi di scatto e appoggia la bocca sullo schermo del televisore nell’istante esatto in cui la biondissima presentatrice è inquadrata. La bocca di mio fratello aderisce perfettamente a quella della donna, se non fosse che lei sta parlando ed è al di là del vetro del televisore. Io sono sbalordita, non posso fare a meno di lasciare la mia fetta di pane e di portarmi le mani alla bocca. Secondo la più ovvia delle regole, il pane mi cade sulla camicia bianca, esattamente sul lato spalmato di marmellata. Ma io sono troppo sconvolta per accorgermene. Osservo la scena con gli occhi sgranati. Mio fratello è spregiudicato, bacia la conduttrice con passione cocente. Le sue mani cingono i lati del televisore, mentre lui fa ondeggiare lentamente la testa da destra a sinistra, condividendo il baffo di marmellata con il vetro della tv. Io sento il rumore dell’elettricità sottile che tocca la sua pelle, che gli lambisce la peluria leggera del viso. Nel frattempo la donna continua a parlare come niente fosse, ma non è più in primo piano. Ora hanno inquadrato i bambini del pubblico, e mio fratello bacia pure loro, con gli occhi chiusi. Poi ancora un primissimo piano di lei. Ed è qui che nella stanza entra mia madre.

“Ma…” la sentiamo dire alle nostre spalle. Mio fratello si stacca dal televisore e la guarda. Io non mi trattengo più e inizio a ridere, piano e silenziosamente. Mio fratello non si lascia scappare l’occasione e inizia a ridacchiare pure lui. Alla fine mia madre scoppia in una fragorosa risata e dice:

“Luca, ma che fai? Baci la presentatrice?”

Mio fratello, con gli occhi birichini, le fa sì con la testa. È tutto sporco di marmellata in viso. 

“Va’ che sei un birbante” lo redarguisce mia madre, sempre sorridendo. Il sorriso però le si spegne quando vede il pancarrè ribaltato sulla mia camicetta:

“Marta, ma dai! Dovevi stare attenta. Te l’ho detto prima”. Io sono mortificata, guardo colpevole la camicia sporca. In realtà ciò che mi infastidisce di più è l’essere stata distratta dall’assurdo gesto di mio fratello, il quale ora sorride verso di me. ‘Passione’ nella mia mente rimane come una fotografia di quel sorriso.

Da quel giorno Luca diventa l’eroe del parentado, dalla nonna alla zia tutti non fanno altro che parlare del suo bacio rubato alla conduttrice. La notizia non viene risparmiata neanche ai vicini e, in breve tempo, l’intero ballatoio ne parla. Le conseguenze sono ovvie: durante qualsiasi visita mio fratello viene sottoposto all’interrogatorio che, nello specifico, consiste nelle seguenti domande: è vero che l’hai baciata? Quando l’hai baciata? Ti piacciono le bionde quindi? E poi si conclude con le frasi, rivolte a mia madre: eh, Franca, vedrai cosa ti combina in adolescenza questo qui. Infine, se una signora bionda compare sullo schermo del televisore, mio fratello è invitato a limonarsela virtualmente: e lei che è bionda, come piace a te (occhiolino), non la baci? E lui, chiaramente, la bacia. Io, che ho assistito alla scena originale, noto però che il bacio alle signore biondomilano della tv italiana è soltanto un riflesso incondizionato che mio fratello fa per compiacere l’adulto. A lui piace solo quella del nostro programma preferito e, anche se la sua fedeltà si compromette ogni giorno che passa, il suo cuore continua a battere solo per lei. La vera fedeltà, insomma, rimane intatta.

Ma torniamo un secondo a quel freddo pomeriggio del 1995, al giorno del primo bacio. Mia madre, seppur divertita dal gesto di mio fratello, non aveva dimenticato di incazzarsi di brutto per la mia camicetta macchiata. Mi aveva spedito in bagno a sciacquarla con acqua tiepida e detersivo. E tanto olio di gomito, aveva detto. Io avevo fatto del mio meglio (il meglio di una cinquenne che incontra per la prima volta il lavaggio del cotone bianco) e ovviamente l’alone di marmellata era rimasto. Quindi, nell’inverno di quell’anno, mentre mio fratello limona con – non in quest’ordine – conduttrice del varietà serale, soubrette del quiz pre-cena, presentatrice del documentario pomeridiano, la velina bionda, modella prestata alla tv e mezzobusto del tg, io vengo rimproverata per la fatidica macchia. Se alcune parole si formano nella memoria come se fossero state sempre lì, altre invece prendono vita, vengono attivate da situazioni specifiche e, tutte le volte che le userai, non potrai fare a meno di pensare a quella prima volta. Per me ‘olio di gomito’ significa strofinare, strofinare appassionatamente un tessuto bianco. 

Una domenica pomeriggio siamo tutti in salotto. Mio padre e mia madre prendono il caffè coi vicini sul divano, mentre mio fratello ed io siamo ipnotizzati da un programma tv che danno solo nel fine settimana. Dall’evento del bacio è possibile guardare la tv seduti sul tappeto, grazie a Luca quella posizione è sdoganata. I fratelli maggiori, d’altronde, servono a smontare le regole per quelli minori. Quindi immaginateci così: seduti a gambe incrociate, schiena curva e collo tirato in direzione del televisore. Mio padre borbotta che siamo imbambolati, mia madre gli intima di lasciarci in pace; in realtà nessuno degli adulti vuole abbandonare la postazione privilegiata del divano per farci posto, e quindi conviene più a loro che a noi stare zitti. Ma ecco che sullo schermo compare un’imponente star del piccolo schermo. Il naso a scivolo e la bocca a canotto, la gamba altissima, tonica, slanciata. Soprattutto la star è bionda. Il silenzio cala nella stanza. Mio fratello si alza in completa autonomia, aspetta i tempi tecnici che permettono al regista di regalarci un primo piano della presentatrice e le schiocca un veloce bacio a stampo (altro che baffo di marmellata). Insomma Luca si toglie il pensiero e torna a sedersi. Gli adulti ridono, si danno pacche sulle spalle, si fanno grandi sorrisoni e si strizzano l’occhio. Habemus hominem. Quel giorno però io sono stufa di essere messa in secondo piano da mio fratello, voglio anche io i miei quindici minuti di notorietà – e non la notorietà che mi ha portato l’alone sulla camicia bianca. Quindi faccio la cosa più ovvia del mondo: mi alzo e do un bacio al conduttore maschio. L’uomo avrà sì e no quarant’anni, è corpulento e stempiato, non ha nulla di particolarmente attraente, se non un viso simpatico. Insomma, a me il presentatore non è che piacesse, ma quello passava in televisione e, dopo una rapida valutazione dei pro e dei contro, avevo deciso di farmelo bastare. Quindi sì, io bacio sulla bocca il conduttore. I momenti successivi a quel bacio non mi sono del tutto chiari: ricordo mia madre che urla ma che faaai? e mio padre paonazzo che mi prende per un braccio e mi stacca dal televisore. Mentre vengo spedita in camera mia, sento mia madre che dice ai vicini:

“Scusateci, non so proprio cosa le sia preso”.

E loro: “Figurati Franca, lo avrà fatto per emulare il fratellino”.

“Sì, ma non sta bene dai…” risponde lei.

Quella domenica capisco che l’espressione ‘due pesi due misure’ a volte collima col significato della frase ‘siete un gruppo di stronzi’. Ma stronzi stronzi. Vengo riammessa in sala qualche ora più tardi, quando si avvicina il momento della cena. Nel frattempo ho giocato col Lego, ho sfamato una famiglia di orsetti peluche e ho vestito e svestito la mia Barbie ventotto volte. L’atmosfera è un po’ tesa, ma nessuno dei miei genitori mi dice nulla, nessuno mi spiega esattamente cosa sia accaduto. Mio fratello è l’unico che a tavola si comporterà normalmente. 

Mia madre, più tardi, all’ora della buonanotte, mentre mi rimbocca le coperte tenta una timida spiegazione:

“Marta, sai, devi fare la brava”.

“Fare la brava?” le chiedo, col punto interrogativo bello forte. Non ricordo di aver fatto la cattiva; quindi è il caso di chiedere delucidazioni.

“Certe cose, amore, non si possono proprio fare” cerca di dare un senso alla situazione “lo capirai quando sarai più grande”.

Da quel giorno per me ‘fare la brava’ prende il significato di non poter fare qualcosa perché qualcuno ha deciso così. Ma quella stessa cosa a qualcun altro (a mio fratello nello specifico) è permessa. ‘Fare la brava’ si perderà nell’immagine di me che, avvolta nel piumone caldo, fisso il soffitto senza sapere cosa ci sia che non va.

“Ok, ci proverò” le rispondo, togliendoci dall’impasse. Mia madre, rassicurata, mi schiocca un bacio sulla fronte ed esce dalla stanza. Il suo nome, Franca, mi sembra rappresentarla pochissimo da quel momento in poi.

Io non so se è per quel dannato pomeriggio che oggi sono attratta solo da donne bionde. Lisa, la mia ragazza, dice che se lei a cinque anni avesse baciato via tv un maschio, il padre le avrebbe fatto una statua. Mio fratello invece, contro ogni aspettativa, si è sposato con una ragazza mora, bassa e poco in linea col canone estetico delle donne del palinsesto italiano. Il loro è stato un matrimonio lampo, ma non nel senso che è stato deciso velocemente, ma perché è durato solo nove mesi dopo 4 anni di fidanzamento. In quel lasso di tempo hanno capito che non erano fatti per stare insieme tutta la vita. Tuttalavita. Tuttalavita spaventa anche me. Luca vive provvisoriamente coi miei, presto tornerà in carreggiata, mi ha scritto l’altro giorno su WhatsApp. Nessuno ha mai più menzionato quel bacio telematico al presentatore, anzi erano anni che non ci pensavo. Se non che l’altra sera ero a cena dai miei e mentre aspettavamo il tg il faccione del conduttore è comparso a sorpresa sullo schermo. Mio padre ha cambiato canale, fulmineo. Io ho guardato mio fratello trattenendo una risatina e lui, con la semplicità che lo contraddistingue, mi ha detto sghignazzando:

“Ma che cazzo ridi che il tuo primo bacio lo hai dato a un quarantenne pelato?” 

Poi si è alzato ed è andato ad aiutare mia madre a lavare i piatti. Con tanto olio di gomito.  

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