E tu cosa vuoi fare da grande? è la domanda che sin da bambini ci ha fatto capire che nella nostra esistenza avremmo dovuto avere una e una sola aspirazione. Invece di motivarci verso il futuro, la domanda ci ha indotti a credere che la strada da percorre sia univoca, trasformando in pretesa ciò che poteva essere un desiderio tra tanti.

Jean Cocteau nel Novecento ha rotto il paradigma dell’aspirazione-pretesa incoraggiando tutti coloro che avvertono ancora oggi la necessità di dubitare con coraggio, ad esempio, di chi li vuole su una sola strada. Cocteau nasce nel 1887 a Maisons-Lafitte e diviene uno degli scrittori francesi più discussi della sua epoca. Fu «uomo di teatro», ma si dedicò anche al romanzo, al cinema e alla poesia, al disegno e alla pittura, realizzando affreschi “infiniti”, come quelli della Villa Santo Sospir dove, ospite di amici in Costa Azzurra, decise di cimentarsi nella creazione, oppure quando si ritrovò ad illustrare, egli stesso, molte delle sue opere.

 Contemporanea ad altre due opere di Jean Cocteau, come La Machine à Écrire e Les Monstres Sacrés, Les Parents Terribiles si colloca negli anni che precedono lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La sua messa in scena, vietata in Francia durante l’occupazione nazista del 1940, segna ufficialmente l’inizio di una stagione alternata da rifiuti categorici e poi da consensi entusiasmanti per il più «spontaneo dei poeti» – così sulla stampa francese tra anni Trenta e Quaranta si diceva di lui- descritto come un artista che difficilmente sarebbe in grado di far svanire, nel suo lettore, il piacere di continuare a commentare «i suoi libri e la saggezza delle sue adorabili follie».

A tal proposito la pièce de I Parenti Terribili entra nel privato di quattro personaggi: Georges, Yvonne, loro figlio Michel e sua zia Léonie. Tutti e quattro vivono sotto lo stesso tetto, a Parigi, in una casa che chiamano “roulotte”; le loro giornate sono estranee e distanti dall’ambiente esterno. Yvonne, dopo la nascita di Michel, si è allontanata dal marito, rivelando in ogni occasione il suo affetto morboso per il figlio che la ricambia chiamandola “Sophie”. L’imperturbabile sorella di Yvonne, Léo, un tempo fidanzata di George, è ancora innamorata di lui e funge da costante intermediario tra loro nonché da precario, se non fittizio, elemento di ordine nelle vicende familiari.
Una notte Michel non torna a casa. Yvonne, già malata di diabete, entra in crisi, manifestando il suo terrore dell’abbandono e iniettandosi una dose di insulina fuori dalla norma. Al suo ritorno, Michel annuncia di essersi innamorato di una giovane ragazza, Madeleine, e che vuole sposarla. Yvonne, scoprendo la frequentazione del figlio fino a quel momento nascosta, si sente tradita e tenta di convincerlo che non si tratti di amore ma di un abbaglio. George nel frattempo è turbato, ha intuito che quella giovane ragazza di cui parla Michel è in realtà la sua amante segreta, che lui sostiene economicamente da sei mesi. Colto in fallo, George confessa i motivi della sua preoccupazione alla cognata Léo, che lo aiuta a escogitare un piano.
Durante una visita programmata della famiglia nell’appartamento ordinato di Madeleine, George si ingelosisce e la obbliga a farsi lasciare da Michel con una scusa. La ragazza, sentendosi in trappola, confessa a Michel, tramite George, di tradirlo con un terzo amante di cui finora non aveva mai parlato. Michel, che credeva di conoscere la sua vita dalla A alla Z, incredulo la lascia.
Tornati nella “roulotte” Yvonne, nonostante assista alla sofferenza di Michel, crede che tutto possa tornare come prima e ne è soddisfatta al punto tale da ignorare la confessione di George, che nel frattempo aveva ammesso alla moglie il tradimento. Intanto Léo incontra Madeleine e decide di voler difendere i giovani innamorati dall’egoismo di Yvonne e di Georges. Così inizia ad agire in favore della libertà di Michel, quanto della disperazione di Yvonne. Durante un confronto con George in cui irrompe Yvonne, Léo fa leva sulla appena accennata redenzione dell’uomo e, nell’acuire i suoi sensi di colpa per la sofferenza causata al figlio, informa i presenti di aver dato appuntamento a Madeleine nella “roulotte”. Una volta lì la ragazza confessa a Michel di avergli mentito, negando l’esistenza di un terzo amante sconosciuto e rivelando apertamente la sua relazione con George. Mentre i due giovani si ritrovano, Yvonne, credendosi nuovamente abbandonata, sceglie di avvelenarsi e muore circondata dai presenti. L’ordine, almeno da quanto afferma Léo, è ristabilito.

Ne Les Parents Terribles – in cui, da quest’ultima affermazione, sembra di sentire l’eco di Elio Petri in Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) – Cocteau mostra la pretesa, la accenna e la moltiplica nella forza del non detto, la rende impossibile da districare, da azzerare, invitandoci tanto ad acuire lo sguardo su quel groviglio, quanto a sentire il rumore, talvolta sordo, delle porte che sbattono.   Da quelle porte, soglie metaforiche e al contempo fisici oggetti di scena, filtra il grottesco che è sufficiente a fare ombra su quel che di bello e contemplativo possa anche esserci, nel quotidiano, nel disordine e nella miseria umana, purché quest’ultima si dimostri ai nostri occhi senza pretesa.

Spinto dalla sua irrefrenabile ricerca in ambito teatrale e dalla sua passione per il mito, Cocteau arriva talvolta a comporre in versi nella forma più classica, ma è ispirandosi anche alla tragedia di Racine – che già mirava alla rielaborazione del nucleo classico: si pensi, ad esempio, alle tragedie di Euripide da lui riprese– che riesce infine a rinnovare il genere. Tra i riferimenti a sé contemporanei, Cocteau guarda al maestro George Pitoeff, regista dal quale trae un importante motivo d’ispirazione, specialmente per il valore simbolico che assumeranno gli oggetti di scena – le porte in questa pièce­, come si vedrà più avanti.

Il paratesto dell’opera in tre atti è suddiviso in due prefazioni. Entrambe vengono redatte dallo stesso Cocteau, che scrisse la prima in contemporanea alla pièce e la seconda, invece, in teatro.

Nella prefazione iniziale Cocteau spiega di essere rimasto il più fedele possibile al «dipinto» di una «società alla deriva», proprio come accade anche in altre sue opere. L’autore segue qui un elenco delle molle che lo avevano spinto alla realizzazione dell’opera, e fra queste accenna alla scelta dei suoi personaggi, i quali, a suo dire, formano naturalmente il «totale di un solo respiro».

Ma cosa intende davvero Cocteau, e cosa rende il suo discorso tanto contemporaneo da essere quasi fuori dal tempo?

La pièce in questione ha ragion d’essere, continua Cocteau, soprattutto grazie ai due diversi ruoli al suo interno –  come quelli di Madeleine e Léo – che formano «l’equilibrio tra l’ordine e il disordine», nonché per il suo personale bisogno di creare quella che egli stesso presenta come la sua impresa più «delicata e rischiosa».

Cocteau necessita di scrivere una pièce teatrale «moderna e nuda». Un’opera che, pur inserendosi già tra gli sgoccioli della stagione novecentesca del dramma borghese, e quindi molto spesso predisposta a descrivere un tragico spaccato della società, potesse mettere in atto il sorpasso di quest’ultima, grazie, in particolar modo, all’ausilio di un grande, originale e conclusivo stravolgimento. Cocteau desiderava che durante la rappresentazione gli attori, così come i suoi spettatori, non avessero neppure il tempo «di riprendere fiato».

Nella seconda prefazione Cocteau sottolinea, invece, in che modo avesse in mente di «cambiare le regole del gioco»7, scrivendo la pièce durante un soggiorno di ritiro assieme a Jean Marais. Entrambi soggiornarono a lungo in un hotel di Montargis. Un piccolo comune della Loira dove, assecondando il suo desiderio di un dramma che fosse anche una commedia, Cocteau aggiunse che Les Parents Terribles sarebbe potuta apparire, di primo acchito, come un tipico intreccio del teatro di vaudeville, cioè della commedia degli equivoci, degli scandali, del varietà. A intervenire di contro, però, a questa prima ed eventuale impressione del pubblico avrebbe contribuito il ritmo delle scene e il particolare meccanismo che avrebbe mosso i suoi personaggi, tutti destinati ad apparire estremamente grotteschi agli occhi del pubblico e talvolta fuori dalla realtà.

Cocteau, nel frattempo, decide di fare a meno anche di alcuni oggetti di scena tipici della stagione del dramma borghese, riducendo all’osso la loro presenza e cercando di avvicinarsi il più possibile al teatro popolare. Inoltre, a una messa in scena esteticamente eccentrica, preferisce una cura nei minimi dettagli, per figurare uno scandalo che fosse pensato appositamente per il suo teatro immaginario. Presenta in questo modo la sua «battaglia indispensabile» per la realizzazione di «un’opera solida», continuando a seminare quindi il primo germoglio di quella che si sarebbe potuta già definire una nuova avanguardia.

Ne I Parenti Terribili l’intrusione di Madeleine tra i quattro personaggi nella “roulotte” contribuisce a dare un nuovo significato al disordine che caratterizza l’ambiente e l’atmosfera della famiglia di Michel, apparentemente troppo unita. A partire da questo inciso – e attraverso l’esplicitazione dei conflitti interni ed esterni tra i personaggi – la pièce rivela in che modo un amore tossico possa essere in grado di ampliare inesorabilmente il suo raggio d’azione. Quasi un avanzare sottile, un angoscioso crescendo che però, alimentato da colpi di scena e da un ritmo incalzante, in quanto emblema formale della modernità, va a distruggere nient’altro che la fonte primaria di quest’amore costrittivo. Attraverso una redenzione negata nel contenuto, Yvonne muore ma lascia in vita gli strascichi di quel sentimento morboso che l’aveva costretta nella sua condizione, contaminando anche chi – come Madeleine – si riconosceva nella personificazione dell’ordine, all’esatto opposto degli altri personaggi.

 Nella pièce il conflitto tra i personaggi è sia esterno che interno. Esterno perché ogni personaggio dimostra di essere in costante lotta con l’altro al fine di raggiungere il proprio obiettivo; interno in quanto tutti, a partire da Michel, sperano di allontanarsi dai meccanismi di controllo e morbosità che ormai abitano ciascuno di loro. Michel in particolare, come rivela l’intera opera di Cocteau, continuerà ad essere vittima di questi meccanismi anche dopo lo spegnimento del principale generatore del caos, il quale, identificabile in primis nella madre e nella sua ossessione per il controllo, continua ad alimentare la tensione, assieme alla serrata rete di conflitti, anche dopo la sua morte.

Les Parents Terribiles è ambientato in una Parigi contemporanea a quella di Cocteau. Le vicende si susseguono in ordine cronologico e si sviluppano in due interni differenti. Si tratta, in entrambi i casi, di due luoghi chiusi. Il primo è la camera di Yvonne, nel disordinato appartamento di famiglia di Michel, il secondo invece è l’ordinato appartamento di Madelaine.

Con una nota sulle scenografie curate all’epoca da Guillaume Monin, Cocteau indica in che modo nella pièce ogni singolo dettaglio sia stato necessario per la realizzazione della messa in scena. Ovvero in che modo le scenografie dovessero presentarsi, anche a un occhio esterno, come molto realistiche e altrettanto solidamente costruite. Con alcune annotazioni Cocteau vuole sottolineare un dettaglio in comune tra ciascun interno, soffermandosi sulle porte in modo tale da assicurarsi che queste ultime, durante la rappresentazione della pièce, fossero pesanti al punto giusto per sbattere. Questo dettaglio, che potrebbe sembrare da poco, non è affatto casuale. Come ricorda lo stesso Cocteau tramite Léonie, che lo ripeterà più volte nella pièce, l’autore desiderava servirsi di questo dettaglio per poter dare maggiore enfasi alle uscite di scena dei personaggi. A partire da una scelta di natura strutturale, Cocteau voleva che il suo significato, inizialmente intimo poiché contenuto in un ambiente familiare, potesse espandersi, ma voleva farlo in maniera sottile e simbolica.

Nella pièce si tratta di far risuonare più volte, come un leitmotiv, la simbolica uscita dal luogo dell’inconsapevolezza dei personaggi. Dal luogo, o dal caotico anfratto, di una morbosa richiesta, come quella costantemente avanzata maggiormente da Yvonne, da George, oppure, di riflesso a questa, della passiva accettazione di un amore assoluto, come nel caso di Michel e Léo. Nel testo Cocteau inserisce il verso Il claque la porte invisible (“sbatte la porta invisibile”), e chiarisce tutte le sue intenzioni. Prima di tutto riesce a trasmettere nel sentire del pubblico un elemento essenziale, la porta sbattuta, attraverso forma e contenuto. In aggiunta sottolinea il suo stesso desiderio per cui durante la messa in scena le porte dovessero sbattere sonoramente, in quanto visibili e solidi elementi della scenografia, e metaforicamente, perché silenziose e invisibili ma ugualmente percepite dal pubblico.

Quella di Cocteau è quindi non soltanto, non a caso, un’uscita di scena dei personaggi che non avviene mai completamente, ma che sembra invitare il pubblico, ad ogni (s)battuta, a farlo al loro posto. Se si indirizza l’attenzione degli spettatori sulle porte che sbattono, e che permettono letteralmente «alla disgrazia di entrare e uscire», sarebbe difficile, quantomeno osservandole dall’esterno, non riconoscere la stessa disgrazia ad ogni apertura.

 I personaggi di Cocteau, dunque, sono sì a tutto tondo, ma nessuno di loro è destinato a una reale evoluzione. Sebbene gli sforzi per evadere dai meccanismi della loro opprimente realtà si susseguano senza successo, quel che conta per Cocteau è che gli stessi tentativi continuino a manifestarsi agli occhi del pubblico.

L’unica via d’uscita possibile, per tutti, è dunque nella catarsi oltre la porta. Soltanto allora il pubblico, uscendo dallo stato di marionetta pseudo-indipendente preda del disordine, potrà sfuggire all’irreversibile conseguenza dei tentativi dei personaggi, sbattendo quindi le porte al loro posto per affidarsi a una purificazione in chiave soggettiva. Facendo sbattere le porte, solide e invisibili, lo spettatore ci informa che vede da fuori quanto è accaduto e che ora, comprendendone il meccanismo, può essere in grado di trasformare da solo le macerie da cui restano invece sommersi i personaggi di Cocteau e di poterlo fare, questa volta, in favore di una libera e universale consapevolezza.

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