Il cinema organico di David Cronenberg

Il cinema organico di David Cronenberg
David Cronenberg e William S. Burroughs sul set di Pasto Nudo - Copyright: Bertrand LAFORET/GAMMA-RAPHO
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Leggere un libro di interviste può insegnare molto, ad esempio su come sia difficile porre delle buone domande o come sia difficile per un artista dare delle buone risposte sulla propria opera. Una storia di violenza di David Cronenberg, edito in Italia da Wudz (2024), raccoglie una miscellanea di interviste fatte al regista nell’arco di quarant’anni. L’opera del regista e sceneggiatore canadese è di per sé contemporaneamente autoevidente e di una complessità esegetica inesauribile, parlarne con l’autore sembra un po’ il famoso ballare di architettura. Va aggiunto che Cronenberg rimane un pacato canadese dalle maniere impeccabili anche quando parla di mutilazioni genitali o della sessualità polimorfa dei moscibecchi alieni. Non aiuta. La feroce matassa psicanalitica e allucinatoria delle sue opere resta intatta. È come guardare su Youtube i resoconti delle esperienze psichedeliche con la DMT degli yuppie della Silicon Valley, i loro sorrisi pacificati risultano sempre persuasivi ma ben poco attendibili. “Quando si fa arte occorre fare scelte che hanno a che fare soltanto con l’arte”, confessa in maniera ricorsiva Cronenberg quando gli viene chiesto quanto della sua esperienza del divorzio dalla ex moglie abbia influenzato la scrittura di Brood – La covata malefica, il suo film del 1979 in cui Nola, la moglie del protagonista partorisce dei bambini mutanti che assolvono telepaticamente ai suoi desideri omicidi.

Nel mezzo secolo di carriera del regista i suoi interessi sono rimasti pochi e coerenti, tornando costantemente in tutti i suoi film: la telepatia e il controllo della mente, le mutazioni organiche e la sessualità, il solipsismo e la cospirazione di poteri occulti.

I suoi primi lungometraggi sperimentali (Stereo, Crimes of the future) a ridosso degli anni ’70 sono girati in bianco e nero, i dialoghi sono assenti e la narrazione si dipana attraverso un glaciale voiceover. In questi film autoprodotti Cronenberg compare anche come sceneggiatore e montatore; l’assenza del sonoro, ricorda il regista nel libro, era dovuta a problemi di budget: invece di girare in 16mm (più economico, la pellicola usata più comunemente nel cinema underground), aveva optato per il 35mm che garantiva una qualità maggiore ma non avrebbe consentito di spendere ulteriore fondi per registrare i dialoghi.

“Portai Stereo per mostrarlo al tizio che gestiva il cinema. Passarono dieci secondi, poi venti, poi trenta, e il tizio mi fece: «Dov’è il sonoro? C’è qualcosa che non va con il sonoro?», «No, no. arriva». Si alzò e se ne andò. Tutto qui. Non è mai arrivato al sonoro. Il fatto che io fossi così sconsiderato da presentargli un film quasi senza sonoro è stato sufficiente per fargli dire: «Questo film nel mio cinema non lo proietto. Ma a me non importava, e questo è un altro aspetto del fatto che si trattava di cinema puro. Avevo a che fare con gli elementi più essenziali e imprescindibili di un film”.

Poco dopo, Cronenberg si trasferisce nel sud della Francia, a Tourrettes, dove lavora con la Canadian Broadcasting Company girando alcuni filler (riprese di riempitivo impiegate a seconda delle necessità in vari programmi televisivi). In quel periodo è invitato per la prima volta al festival di Cannes, racconta di aver compreso lì che per guadagnarsi da vivere col cinema avrebbe dovuto dirigere dei film “commerciali”, che avrebbero potuto ottenere una distribuzione regolare nei cinema.

L’abbandono della sua fase cinematografica più sperimentale avviene quindi con Shivers, Rabid e The Brood, che escono tra il ’75 e il ’79 e incominciano a far conoscere al pubblico il nome del regista. Questi film costituiscono il trittico più espressionista del regista, in cui la sessualità e la violenza si esplicitano e divengono strumenti di sovversione sociale, riconsegnando l’individuo al suo caos originario. La liberazione degli istinti distrugge ogni norma sociale. In Shivers un parassita che si diffonde in un complesso residenziale di lusso, trasformando gli abitanti in creature assetate di sesso e violenza; in Rabid una donna subisce un intervento sperimentale che le fa sviluppare un organo falliforme sotto l’ascella con cui succhia il sangue delle sue vittime diffondendo una epidemia di follia violenta; in The Brood un uomo divorziato indaga sulla terapia sperimentale che segue sua moglie, il trattamento genera dei mostriciattoli omicidi.

“Ma è la mia concezione dell’arte che mira a sovvertire la civiltà. Penso che sia così. Eppure è un paradosso, perché nell’equazione freudiana la civiltà è repressione. Ora sto semplificando, ma fondamentalmente non c’è civiltà senza repressione dell’inconscio, dell’Es. E l’attrattiva fondamentale dell’arte è I’inconscio. Perciò, in qualche modo, l’arte mira a sovvertire la civiltà. Ma allo stesso tempo sembra essere necessaria per la civiltà. Non c’è civiltà senza arte”.

Protagonista di questi film è la figura del parassita, declinata di volta in volta come infezione parassitaria (Shivers), organo mutante (Rabid) o pulsione inconscia fattasi organica (The Brood). È costante nella filmografia di Cronenberg l’idea del controllo dell’individuo da una volontà occulta, esterna o inconscia, che porta a uno smembramento dell’identità: l’organo diventa senziente, autonomo, spesso realizzando una pulsione sessuale o violenta altrimenti repressa. Sembra elaborarsi nei film una versione esasperata della teoria del “gene egoista” di Richard Dawkins, in cui l’essere umano viene presentato come puro strumento della cieca necessità di autoriprodursi dei geni (unità ereditarie degli organismi biologici).

Riguardo a Shivers, affrontando la scena in cui un integerrimo medico anziano cerca di resistere all’assalto sessuale di una ragazza contagiata dal parassita, che la porta ad avere un’irrefrenabile e violento impulso sessuale, Cronenberg dice:

“Sta avvenendo qualcosa di sessuale che è represso. Lui è un santo, non lo dimentichi. Non le si avvicina, non la bacia, finché la malattia non ha fatto la sua comparsa. Se questo è il disagio della civiltà, allora quella che si manifesta è una malattia dell’identità. Ciò che distrugge è il modo socialmente accettabile per un uomo e una donna di avvicinarsi, ma allo stesso tempo lo sostituisce con un modo molto bizzarro, insolito, estraneo di farlo. Se si guarda a Shivers in maniera convenzionale si assiste a una tragedia, ma c’è un paradosso che si estende anche al modo in cui la società ci osserva. […] In Shivers e in Rabid il caos nasce da esperimenti scientifici molto privati, personali, condotti in proprio. Quando inizia a filtrare e a far sentire la sua presenza. la società gli si rivolta contro e cerca di contrastarlo. E da qui che nasce il conflitto. Per esempio, in Rabid non sto proponendo una città in conflitto. Il conflitto nasce dalla donna e dalla malattia, che la società cerca di distruggere. Quindi, fino al suo arrivo, nella società regna l’ordine. […] In altre parole, pensate all’immaginazione come a una malattia. Ci sono società in cui l’immaginazione è considerata una malattia. La vostra arte è al servizio dello stato, ecco cos’è l’arte in quei posti. Quindi la vera immaginazione, che è libera di spaziare, non conosce limiti e non conosce censura, è una malattia da eliminare, da reprimere”.

Scanners e Videodrome girati agli inizi degli anni ’80 si concentrano sul rapporto tra mente e materia: la prima che può trasformare e dare realtà alla seconda. La violenza si fa sempre più grottesca: la testa che esplode in Scanners diventerà un pietra miliare del cinema horror, la vagina mutante affamata di videocassette che si apre sullo stomaco di Max Renn (interpretato da James Wood) è ancora oggi qualcosa di difficilmente categorizzabile nella storia del cinema. La novità introdotta da Cronenberg in questi film è la riflessione sui media che si rifà alle teorizzazioni di Marshall McLuhan, la veicolazione di messaggi broadcast è presentata come una tentazione e una coercizione per l’individuo a dissolversi nell’inconscio collettivo; i due film percorrono questa dialettica conflittuale tra l’individuo che produce il proprio mondo e l’ambizione a essere poi da questo mondo artificiale controllati, ad essere agiti dal medium.

“Questo è ciò di cui parlava McLuhan quando sosteneva che il motivo per cui dobbiamo capire i media è che se non lo facciamo questi arriveranno a controllarci. Non dobbiamo antropomorfizzare i media e dire che ci controlleranno. In realtà i media non hanno un cervello. Sono tecnologia, non c’è alcun cervello. Non sono delle persone. Ciò significa che le cose sono fuori controllo. Sono certamente fuori dal controllo umano. Sono sotto il controllo del destino e del caso. E se non capiamo quello che sta succedendo, completamente, non abbiamo nemmeno la possibilità di controllarlo, stiamo solo annaspando nel buio. In realtà, credo che il mondo funzioni così: stiamo annaspando nel buio. Nessuno ha il controllo, c’è solo l’apparenza del controllo, o alcuni si illudono di averlo”.

Dagli anni ’80 Cronenberg incomincerà a lavorare sempre più spesso su soggetti altrui, remake o adattamenti da romanzi. La zona morta del 1983, il suo primo film hollywoodiano, è la trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Stephen King in cui un veggente tenta di uccidere il futuro presidente degli Stati Uniti; va ricordato almeno per la meravigliosa scena del suicidio con le forbici nella vasca da bagno. La Mosca del 1986 è un remake del film di fantascienza del 1956 diretto da Kurt Neumann, con questo film Cronenberg ottiene il maggiore successo commerciale della sua carriera ed è ancora oggi il suo film più famoso. Jeff Goldblum interpreta uno scienziato che inventa una macchina per il teletrasporto, per sbaglio accede insieme a lui nel marchingegno una mosca e il loro dna incomincerà a combinarsi fino a trasformarlo in un mostro. Inseparabili del 1988 segue la degenerazione psichica – tratta da avvenimenti reali – di due gemelli omozigoti, affermati ginecologi, interpretati entrambi magistralmente da Jeremy Irons. Il film è uno dei più stratificati e inquietanti del regista canadese e va ricordato anche per lo stile curatissimo dei costumi – i gemelli operano in cardinalizi paramenti purpurei – e gli inquietanti “strumenti ginecologici per operare su donne mutanti” progettati appositamente per il film. Nel 1991 Cronenberg si dedica alla trasposizione cinematografica di una delle opere letterarie che più lo hanno influenzato: Pasto nudo di William S. Burroughs. La trama non è un elemento centrale del romanzo, la tecnica del cut-up (giustapposizione di frammenti di testo in maniera più o meno casuale) la rende frammentaria e incomprensibile, nel film assistiamo a una fusione tra l’opera e la biografia dello scrittore americano, che dopo aver ucciso accidentalmente la moglie, si reca a Tangeri in Marocco dove lavora al suo romanzo. In questo film il potere visionario dei due autori si esprime in perfetta simbiosi dando vita a una pellicola tanto affascinante quanto oscura. Tra amplessi con macchine da scrivere sessuate che si trasformano in centipedi giganti e strane forme aliene – i moscibecchi già citati – da cui stilla un liquido orgasmico, la visione si dissolve in un caleidoscopio di scene in bilico tra il lisergico e la pornografia.

“Penso che iniziamo con quella che Freud chiamava “perversione polimorfa”, che non è una cosa negativa. È la sessualità di un bambino prima che diventi specifica, genitalizzata e acculturata. Abbiamo quella che ho chiamato “omnisessualità”, che non riconosce i normali confini, legami o tabù. E siccome mi interessa esplorare cose che vanno oltre i tabù, vorrei farlo non solo con la bisessualità, ma anche con qualsiasi tipo di sessualità. La sessualità dei cani. La sessualità degli animali. La sessualità degli insetti. Qualunque sessualità. La sessualità del cibo, del tatto o delle parole. Quindi non credo di limitarmi alla bisessualità. È solo che per le persone è la più ovvia. Potrebbero non riconoscere come sessuali alcune delle altre cose che faccio, mentre invece lo sono. ll blob sessuale di Pasto nudo, che diventa la macchina da scrivere, è una specie di oggetto sessuale universale. Ha tutte le parti genitali del caso, più alcune impossibili da immaginare. C’è il sesso vaginale, c’è il sesso anale, ci sono circa venti cose diverse. Spero che la censura non lo percepisca del tutto. Spero che non vedano quei fotogrammi. È sempre in movimento, quindi è un po’ difficile da vedere”.

A partire da Pasto nudo la ricerca radicale sulle forme di sessualità diverrà centrale nella filmografia di Cronenberg del decennio successivo: la transessualità in M. Butterfly (dalla pièce teatrale di D. H. Hwang), la meccanofilia in Crash (trasposizione del romanzo di J. G. Ballard), la user interface come forma di rapporto sessuale nei videogiocatori dimensionali di eXistenZ, fino alla rimozione psicanalitica di Spider (dal romanzo di Patrick McGrath) che affronta il tema della schizofrenia.

“Il mio istinto mi dice che gran parte della sessualità, e tutto ciò che ne deriva all’interno della nostra società, è una cosa molto fisica. Gli esseri umani possono sostituire gli organi sessuali, o fare a meno degli organi sessuali in quanto tali, ai fini della procreazione. Siamo liberi di sviluppare diversi tipi di organi che siano in grado di fornire piacere e che non abbiano nulla a che fare con il sesso. La distinzione tra maschio e femmina potrebbe attenuarsi e forse potremmo diventare creature meno polarizzate e più integrate, poiché esiste, in linea di massima, una sensibilità maschile e una femminile. Questo mi riporta a Crimes of the Future, perché allora mi trastullavo con questi concetti, in maniera davvero inconscia, ma ora tutto ha perfettamente senso. In altre parole, non sto parlando di operazioni di conversione tra i sessi. Sto parlando della possibilità che gli esseri umani siano in grado di mutare fisicamente a loro piacimento, anche se ci vogliono cinque anni per completare questa mutazione. La pura forza di volontà potrebbe permettere di cambiare il proprio corpo. Penso che la polarità sessuale ne risulterebbe attenuata, che gli esseri umani potrebbero reintegrarsi in un modo molto diverso”.

Ovviamente un’insistenza tematica così forte sul tema della sessualità ha attirato nel tempo molte critiche nei confronti del cinema di Cronenberg, che secondo i detrattori metterebbe in scena una rappresentazione della sessualità quanto più polimorfa ma soffrirebbe del suo punto di vista fondamentalmente eterosessuale (il regista si è sempre dichiarato tale). Questo ha portato a orientare le critiche su due punti stringenti: primo, la sessualità messa in scena nei suoi film è quasi sempre violenta (nel senso sia di sadismo che di masochismo); secondo, mettendo in scena adattamenti di opere in cui la sessualità è tendenzialmente omosessuale – Pasto Nudo di Burroughs, il caso più eclatante – la visione eterosessuale di Cronemberg finirebbe per falsare il materiale originale, eterosessualizzandolo. Il regista risponde a queste critiche nel libro quando gli viene chiesto di giustificare alcune scene di sesso in Shivers e Videodrome che presentano una rappresentazione femminile giudicata problematica:

“Be’, credo che abbia certamente a che fare con il fatto che sono un maschio e che le mie fantasie e il mio inconscio sono maschili. Credo di lasciare esprimere in maniera ragionevole la parte femminile che è in me, ma penso in ogni caso di essere fondamentalmente un maschio eterosessuale. Quindi, se voglio sciogliere i vincoli sociali e vedere come funziona la mia sessualità nei suoi aspetti più oscuri, più folli e più amorali – non immorali, ma semplicemente amorali – se ho intenzione di affrontare scene di bondage, di tortura e cosi via, mi viene naturale mostrare una donna piuttosto che un uomo. Ho parlato dell’ammirazione che nutro per Pasto nudo e del desiderio di farne un film. Uno degli ostacoli che mi impediscono di seguire William Burroughs completamente, al cento per cento, è proprio questo. Nel complesso, la sessualità di Burroughs è omosessuale, ed è molto evidente nel fatto che le sue oscure fantasie sessuali consistono nel sodomizzare giovani ragazzi mentre vengono impiccati. A essere sinceri, posso capirlo molto bene. Capisco davvero come stanno le cose. Ma se dovessi fantasticare qualcosa di simile, userei più un parassita che risale lo scarico e attacca una donna, non un uomo. Ora, sostenere che questo è sessista significa politicizzare qualcosa che non è politico. È sessuale, non sessista: è solo il mio orientamento sessuale. Non sono necessariamente d’accordo con le teorie sulla democrazia: non ho motivo di pensare che debba concedere lo stesso spazio a tutte le fantasie sessuali, che siano mie o di qualcun altro. Che quelle persone facciano i loro film, io farò i miei.”

Nel nuovo millennio il cinema di Cronenberg abbandona quella matrice espressionista che, mescolando violenza grottesca e sessualità polimorfa, aveva caratterizzato gran parte delle sue opere per virare verso un realismo severo. Cupe narrazioni drammatiche affrontano il tema della gerarchia e della vendetta in A History of Violence e Eastern Promises, le implicazioni irrisolte del trattamento psicanalitico e il conflitto tra Freud e Jung in A Dangerous Method, la decadenza morale della società statunitense in Cosmopolis e Maps to the stars.

Nel 2022 torna al cinema dopo otto anni con Crimes of the Future, che non è un remake del suo film omonimo del 1970, ma la prima opera completamente originale (suo il soggetto, la sceneggiatura e la regia) da più di vent’anni – l’ultima era stata eXistenZ del 1999. Il film, che recupera molte delle suggestioni che avevano caratterizzato la sua prima parte di carriera, parla di un futuro in cui l’umanità grazie a mutazioni genetiche è divenuta incapace di provare dolore, parte degli esseri umani è in grado di digerire i polimeri plastici e Saul Tenser, artista performativo fa crescere dentro di sé organi mutanti che poi, grazie all’aiuto della sua assistente Caprice, estrae e trasforma in opere d’arte.

Cronenberg ha presentato nel 2024 al festival di Cannes un suo nuovo film originale, al momento della pubblicazione dell’articolo ancora inedito in Italia: The Shrouds, in cui un imprenditore inventa una tecnologia che permette di assistere in tempo reale al processo di decomposizione dei propri cari defunti.

In questi ultimi due film il regista sembra tornare a una idea di cinema più vicina alle sue influenze originali, in cui la riflessione sull’organico e la mutazione aprono profonde zone d’ombra sulla psiche umana e sul futuro della nostra specie.

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