Il vuoto

Il vuoto
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“Dove cazzo sei”, recitava il messaggio sullo schermo del cellulare di Luca, mentre il suono metallico della notifica lo svegliava. Accanto a lui Bianca, le gambe nude e il corpo avvolto da una sua maglietta, dormiva profondamente. 

Il loro flirt era iniziato un mese prima, appena dopo un abbraccio apparentemente innocuo che Bianca aveva fatto durare qualche secondo in più del solito con una stretta morbosa. Luca non perdeva occasione di interpretare ogni piccolo gesto femminile come un segnale di desiderio nei propri confronti, così aveva provato immediatamente ad approfittare della situazione.

Come stai?

Male.

Vuoi parlare?

Sì, parliamo dopo.

Bianca gli aveva raccontato in modo noiosissimo della rottura con Francesco, del fatto che lui l’aveva lasciata nonostante la amasse ancora, delle sue crisi di autostima. Luca aveva fatto il buon amico cercando di manipolarla, aveva convinto Bianca a essere paziente e Francesco a ragionare sul loro rapporto, con la razionalità e la freddezza con cui, cercando di risolvere situazioni complicate, cercava di apparire bello o interessante agli occhi delle persone.

“Posso venire a stare da te due giorni? Vengono degli amici francesi lì a Firenze”. Appena arrivata in città era come se gli amici fossero spariti. Avevano deciso di passare il pomeriggio al cinema e si erano tenuti per mano come due ragazzini, accarezzandosi i palmi con le dita, scambiandosi qualche sguardo giustificato da domande banali: “Ti sta piacendo?”, “Sì, bel film”, e quello era il pretesto per stringersi più forte, per sbilanciarsi l’uno verso l’altra, per consolidare quella stretta da ragazzini che non sembrava loro ridicola soltanto perché erano eccitati.

Rientrati a casa, Bianca con una mano chiudeva la porta della camera da letto, mentre con l’altra cominciava già a sbottonarsi i pantaloni. Luca era sotto le coperte, quasi a marcare la propria innocenza, a malcelare la voglia di fare sesso. L’attrazione tra i due era irrefrenabile, i loro corpi, ancora per buona parte vestiti, cominciarono a strusciarsi l’uno sull’altro. Luca era sdraiato a pancia in su, Bianca aveva messo le gambe intorno al suo corpo, le ginocchia a premergli sui fianchi, il ventre sul suo ventre, la testa chinata sulla sua per baciarlo. Bastò questo contatto a raffreddare il loro desiderio. Luca non si spogliò; Bianca, dopo qualche secondo di baci intensi, si sistemò la maglietta che aveva tolto soltanto in parte. Senza dire una parola, la ragazza si mise su un fianco, sorridendo. Era un sorriso misto di felicità, di compassione e di soddisfazione, rilassato. 

Luca accarezzava la faccia e il corpo di Bianca, che non smetteva di sorridere. Era la scena d’amore tra due amanti consumati, ormai privi di desiderio. Non si addormentarono ancora per molto tempo, passarono la serata a sussurrarsi cazzate, a ridere e a scherzare. Le loro conversazioni erano interrotte da una specie di risacca del desiderio, ora più, ora meno intenso. Luca infilava le mani sotto la maglietta di Bianca, le stimolava i capezzoli e le stringeva le tette, ogni tanto le infilava una mano dentro i pantaloni, passando delicatamente, solo per pochissimi secondi, le dita sulla fica, mentre lei gli stringeva forte il cazzo e i testicoli. Era un costante reflusso di un desiderio che puntualmente, al momento di andare oltre quei preliminari infantili, collassava. Non si tradusse mai in una penetrazione, in quello che entrambi avrebbero davvero definito sesso.

Il messaggio che quella mattina aveva svegliato Luca era di Marta, una sua amica. Si accorse che era in ritardo per il loro appuntamento, si vestì con le prime cose che aveva trovato spiegazzate sul divanetto accanto al suo letto e svegliò in modo sgarbato Bianca: “Devo uscire, ci vediamo oggi pomeriggio?”. Bianca rispose con una specie di cenno, lui si infilò la giacca e uscì dalla stanza in modo rumoroso. Marta e Luca si frequentavano da poco, si erano conosciuti durante una serata in un centro sociale. Lui per Marta era una specie di scusa per evadere dal suo giro di amicizie, Luca era attratto dal suo essere diretta, empatica, sempre seria, non particolarmente brillante. 

Ma si può sapere dov’eri finito?

Scusa, ho fatto tardissimo ieri, mi sono scordato.

Dai, non mi dire che ti sei scopato Bianca ieri.

No, macché, ha dormito sul divano.

Mh, vabbè. Senti io dovevo fare dei giri ma ho finito mentre ti aspettavo, fa un freddo cane, ti va di venire da me a fumare e cazzeggiamo un po’?

I due salirono a casa dei genitori di Marta, un appartamento appena fuori dal centro di Firenze arredato con l’eleganza sciatta e meccanica di chi ha molti soldi ma nessun senso estetico e per comprare i mobili si affida alle riviste di arredamento, riproducendone le immagini con mobili vagamente simili, valutati per buoni soltanto sulla base del loro prezzo. Luca, fuorisede squattrinato che abitava in una casa cadente del centro, apprezzava la comodità del divano e disprezzava tutto il resto. I due cominciarono a fumare erba senza dirsi una parola. Luca era sotto pressione, mentre Marta sembrava a suo agio. Prese in mano il telecomando della TV e la accese sul primo canale disponibile protendendosi in avanti verso lo schermo; poi, rimbalzando all’indietro, finì per appoggiare la spalla sul petto di Luca. 

Come sempre quando era a disagio, Luca cercava di portare avanti conversazioni serie con un certo distacco. I suoi temi preferiti erano le notizie di attualità, le questioni sollevate da qualche attivista sui social, il pettegolezzo. Marta era tremendamente annoiata da questo suo modo di fare e lo interruppe immediatamente baciandolo. “Se dobbiamo stare qui a dirci cazzate, tanto vale che scopiamo”. Lei lo fissava serissima e inespressiva, Luca non era per niente eccitato ma il suo ego e la sua insicurezza lo indussero comunque a fare sesso nella maniera più plastica e prestante possibile, come in un porno. Ogni volta che scopava, Luca sentiva di doversi muovere in modo duro e allo stesso tempo elegante, si sentiva costretto a gemere con una voce bassa e controllata e si vergognava se, quando era davvero eccitato e perdeva il controllo, gli usciva fuori la sua voce naturale, un po’ acuta e un po’ gracchiante. Marta si sfilò gli shorts di jeans, poi il maglione e subito dopo le calze di lana verde che indossava sotto i pantaloni. Rimase soltanto con una canottiera, senza reggiseno, e con le mutande da cui fuoriuscivano leggermente i peli della vagina. Continuava a fissarlo seria, lui rimaneva vestito e inerte. Allora Marta si alzò in piedi davanti a lui, cominciò a fissarlo e a masturbarsi. Era il segnale che voleva che lui si spogliasse, che pareggiassero quella condizione di semi nudità per poi continuare il loro rapporto. Il gesto di Marta era freddissimo, distaccato, un modo come un altro per mantenere viva l’eccitazione in una situazione tremendamente piatta. Luca si rese conto che il suo rimanere fermo stava compromettendo la situazione, così prese a spogliarsi anche lui, respirando in maniera affannosa. Questa goffaggine eccitava Marta. 

Rimasto in mutande, Luca afferrò il culo di Marta e la spinse verso di lui. Mentre veniva presa, Marta tirò fuori la mano dalle mutande e gli infilò cadendo due dita bagnate in bocca. Era a cavalcioni su di lui, che nel frattempo tentava di avere un’erezione. Gli venne in mente Bianca. Mentre Luca toccava i seni di Marta e la baciava, mentre premeva il cazzo sulla sua vagina, si immaginava Bianca da sola nel suo letto. Lo eccitavano quella desolazione, quella solitudine, quell’atto mancato della sera prima. Luca si tolse le mutande e infilò il cazzo dentro Marta senza sfilare le sue, solo scostandole quel tanto che bastava. Mentre facevano sesso con forza, Luca pensava al vuoto, pensava al silenzio della sua stanza in cui Bianca era da sola, idealmente a masturbarsi pensando a un altro. 

Il sesso con Marta durò pochi minuti ma fu estremamente intenso. “Oddio scusa, mi sa che ho sporcato il divano dei tuoi”. “Tranquillo, ora pulisco”. Luca si rivestì in fretta e mentre teneva in mano i vestiti palpava il culo grande di Marta, un po’ infastidita un po’ eccitata da quel giochetto. “Vuoi scopare ancora?” chiese lei. “Ora no, però mi è piaciuto un sacco”, rispose. Marta sorrise per la prima volta da quando erano in quella casa, gli afferrò la testa e lo spinse a inginocchiarsi, poi gli premette la faccia sulla vagina. “Lecca.”, gli ordinò. Luca eseguì in modo meccanico ma in un modo che a Marta piacque; era bravo in tutto quello che non richiedeva eccessivo coinvolgimento. 

Quindici minuti dopo era fuori da quella casa, prese in mano il telefono, nessuna notifica. Corse a casa e entrò in stanza, sperando di trovarci Bianca. La stanza era vuota, il letto rifatto e la finestra aperta. Decise di affondare sotto le lenzuola, dalla parte in cui Bianca aveva dormito la sera prima.

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