Non saper disegnare

Non saper disegnare
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Sono stanca di non saper disegnare. Alle elementari confrontavo i disegni realistici e verosimili delle mie compagne di scuola con i miei, brutalmente stilizzati: un cerchio con tre peli in testa, una stanghetta verticale a riprodurre il collo, altre quattro linee mezze oblique per fare braccia e gambe. I maschi si identificavano per i pantaloni, le femmine per il capello rigorosamente lungo e pettinato, un triangolo a mo’ di vestito (sì alle estetiche di genere). Alle medie poi ho vissuto momenti di angoscia nelle ore di educazione artistica, quando non c’era modo di far uscire qualcosa di buono su quegli album da disegno Fabriano, conservati nelle cartelle trasparenti costellate da scritte delle canzoni degli Zero Assoluto fatte a Uniposca.

La voglia di esprimere una qualche vena creativa non se n’è mai andata. Ma sono aumentati fastidio e disillusione quando ho iniziato a studiare storia dell’arte all’università: “ma come scusa! Proprio te che studi l’arte dovresti essere brava a dipingere!!!!!”. Allora da adulta mi sono iscritta a un corso di disegno, per superare la frustrazione di quando hai in testa un’immagine e la tua mano davvero non ne vuole sapere di provare a riprodurla. Per il disegno non ho idea di quale tipo di neuroni debbano mettersi in moto, quale stregonesco collegamento debba attivarsi tra cervello e arto. Sicuramente nella mia testa questa via di comunicazione è interrotta, c’è una frana, una voragine nell’asfalto, transenne, blocchi di cemento armato, barriere Jersey, semafori rossi e forze di polizia schierate e pronte a manganellare qualsiasi tipo di risposta grafica esteticamente gradevole voglia passare dalla mente alla carta. Neanche quando scarabocchio mentre parlo al telefono, o traccio svogliatamente qualche linea sul margine alto della pagina di una monografia che non ho voglia di studiare. Non produco mai niente di compiuto.   

Il corso di disegno dicevo… ho fatto due lezioni e poi l’ho abbandonato. Lo trovavo noioso. Ma poi il mio obiettivo era davvero saper riprodurre un bicchiere e una mela in prospettiva? Saper fare lo sfumato? Giocare col chiaroscuro? La mia espressività non si poteva imbrigliare nelle tecniche. La parte insubordinata di me mi dice che inconsciamente mi sono rifiutata di irreggimentare un modo espressivo in regole che lo avrebbero reso “giusto”. Però potrebbe essere che riuscivo male anche a fare quello e non mi andava, infatti ho smesso anche di provare. 

Ma ora sono stanca di censurarmi da sola: ho deciso che continuerò a fare disegni, saranno pieni di colori e di fiori e di gioia, soprattutto saranno brutti.

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