Atti puri: il weird porno di Alice Scornajenghi

Atti puri: il weird porno di Alice Scornajenghi
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Atti puri di Alice Scornajenghi è una raccolta di racconti porno costruiti su scenari sci-fi, weird, distopici. Leggerlo è come entrare in una versione erotica di Black Mirror: un dispositivo permette a una donna di rimpicciolirsi al punto di entrare nella tasca della giacca del suo fidanzato, per poi scoprirne il tradimento e ritrovarsi a fare sesso con la sua amante; in una clinica si produce sperma purissimo da maschi attentamente selezionati per somministrarlo a scopo curativo; un Messia concede a una ragazza di esaudire per 24 ore il desiderio di avere – e usare – un cazzo; gli ultimi esseri umani rimasti sulla Terra sono tenuti in cattività dai panda, scoprono che esiste un’alternativa alla riproduzione (ovvero il piacere) e decidono di estinguersi in una estatica orgia collettiva. Sono alcune delle trame dei racconti contenuti nella raccolta pubblicata nel 2023 da NERO. Abbiamo dialogato con Alice Scornajenghi per capire come concepisce la scrittura, cos’è per lei il porno e come lavora sul testo.

Qual è il discrimine tra scrivere un racconto eccitante e un bel racconto? Ci sono dei particolari aspetti narrativi e strutturali a cui, soprattutto all’inizio, sentivi di dover dare importanza mentre scrivevi per non perderti nella pura scrittura eccitante?

Scrivere un racconto erotico mi aiuta a darmi degli argini rispetto alla scrittura, a non perdermi. La dimensione erotica per me è un grande aiuto. Parto sempre dalla fantasia erotica che ho voglia di raccontare e cerco di costruirci attorno un mondo in cui quella fantasia erotica può vivere e essere più significativa, andando al di là del racconto della semplice scopata. Per quanto riguarda la scrittura in sé, cerco di andare sempre in direzione della qualità. Anche quando seleziono i racconti per Ossì [la fanzine curata da Alice Sornajenghi insieme a Marzia Grillo e Francesca Pignataro], chiedo di scrivere di sesso a persone che secondo me scrivono bene, a prescindere dal loro background di scrittura. In passato era più comune scriverne, negli ultimi anni questa tradizione è venuta meno. Mi sembra che non fosse un argomento su cui di recente gli scrittori si cimentassero veramente, sporcandosi le mani, mentre secondo me è un’esperienza umana che merita di essere raccontata con la giusta cura e attenzione. Ora per fortuna qualcosa si muove.

Hai degli scrittori o delle scrittrici porno di riferimento?

Ni. Trovo eccitanti molti scrittori del Settecento, Cleland e De Sade ad esempio, ci sono cresciuta. Sono stati dei modelli nella misura in cui non si tirano indietro di fronte a niente, hanno uno sguardo che non ha paura di posarsi su nulla e non si censura mai. Dal punto di vista della pura scrittura, invece, ho pensato ad altri modelli, mi viene in mente George Saunders, la libertà che si prende quando scrive.

In Atti Puri c’è un’evidente ibridazione tra il porno e il weird. In questo senso, l’erotismo si può applicare tanto al weird quanto ad altri generi. Nella tua ideazione della raccolta veniva prima il bisogno di scrivere weird o di scrivere porno? Hai scritto dei porno weird o dei weird porno?

Non ho mai scritto niente di realistico, neanche da bambina quando non scrivevo porno, quindi per me è stata un’ibridazione naturale. Per me viene prima la dimensione weird e poi quella erotica.

Senti di avere più libertà nello scrivere in questa ambientazione?

Sicuramente sì, anche a prescindere dal porno. Nel descrivere qualcosa di realistico sento di avere moltissimi occhi addosso, come se non fossi sola né libera; in un mondo che posso creare da zero, invece, posso inserire dei meccanismi umani e universali e vivermeli in totale libertà. C’è anche un gran divertimento da parte mia, mi piace creare dei mondi, sfidare l’aleatorietà del fantasy, è un bel movimento tra immaginario e immaginazione. Nel momento in cui scrivi cose fantasy devi in ogni caso creare un terreno condiviso con chi legge, anche nei dettagli meno realistici, un immaginario che sia presente e ben dosato. In questo immaginario condiviso posso inserire la mia immaginazione. Mi piace la pratica di questo equilibrio. 

Ogni racconto di Atti puri sembra rifarsi a una determinata “categoria” del porno; eppure, mentre il porno video usa molto l’aspetto visivo (e quindi anche stereotipico di determinate caratteristiche dei corpi), nel racconto questo aspetto viene ovviamente meno. Come maneggi i corpi dei tuoi personaggi e in quali elementi cerchi la fonte primaria di eccitazione della tua scrittura?

I kink delle persone sono gli stessi, sia scritti che nel video, e sono presenti in tutti in modo pressoché universale, a vario grado. Non avere corpi ti dà incredibile libertà nella scrittura, diventa per definizione un porno etico. Mentre nel porno video tutti vedono la stessa cosa, ogni persona fruisce e visualizza un racconto porno in modo differente. Questo fa sì che chi legge rende la scena nel modo che più gli piace. Un altro vantaggio del porno scritto è la possibilità di immedesimarsi in desideri che non sono i propri: penso, ad esempio, agli effetti di un porno totalmente gay sulle persone etero, ed effettivamente ha funzionato. Questo è un grande potere della narrativa sul video, amplia le possibilità del porno stesso. Ma secondo me, in realtà, l’eccitazione non dipende dai kink ma dai meccanismi della scrittura. I corpi vanno necessariamente in secondo piano, ce li mette chi legge. Quando scrivo, inserisco sulla pagina i corpi che visualizzo io, ma non è detto che chi legge visualizzi la stessa cosa. Sarebbe interessante fare un workshop di disegno in cui ognuno prova a visualizzare i corpi a partire dallo stesso testo.

Come lavori quando devi immedesimarti nel modo di provare piacere di un corpo diverso dal tuo, ad esempio di una persona con un pene?

Per quanto riguarda il piacere, cerco di scrivere soltanto cose che mi piacciono. In Atti puri, poi, ci sono una donna con un pene e un uomo. Per quanto riguarda il primo caso è stato molto divertente, godere con un pene è l’unico tipo di piacere che una persona con una vagina non può provare e mi sono chiesta come sarebbe. Sul Presidente, invece, ho tribolato un po’: è l’unico racconto che ho scritto in terza persona, avevo bisogno di una certa distanza. Però, in ogni caso, il discorso sul piacere è sempre un po’ universale, a prescindere dai corpi. Quel racconto parla di potere e la dinamica di potere nel sesso riguarda tutti i corpi.

Come decidi, durante il processo di scrittura, quando un racconto funziona? 

Ci sono due piani che si intrecciano, lo stile e la trama. Io sono una grande appassionata di trame, quindi se ci sono dei punti in cui si scioglie un nodo senza che si sia creata una tensione o se mi sembra che le cose non scorrano come devono ci lavoro per settimane, finché non trovo la coerenza e riesco a tirare tutti i fili. La parte stilistica la sciolgo prima, se un racconto non trova la sua voce non lo scrivo nemmeno. Sento che un racconto è finito quando il personaggio è arrivato a un punto, c’è sempre un nodo che si scioglie. È buffo, ma per qualche strano motivo l’incipit che funziona è sempre il primo che ho scritto. Ad esempio, ho riscritto l’attacco di La scala su cui esistiamo almeno trenta volte, dopo un sacco di mesi ho ritrovato la prima versione e mi sembrava la migliore. Per quanto riguarda i finali, io cerco sempre di ricreare una dimensione consolatoria, anche quando le storie non finiscono benissimo. La vita è già troppo difficile di per sé. Quando la mia storia è funzionale a un rilascio positivo della tensione che cerco di accumulare nel corso del racconto, allora mi sembra che il racconto sia finito. Per quanto riguarda la lettura, ci sono un paio di persone a cui faccio testare i miei racconti, soprattutto per la parte sessuale.

Esistono diversi modi di fare sesso, credo che si possano ridurre da una parte alla tendenza a inserirsi in una qualsiasi posizione di potere o di sottomissione nei confronti dell’altra persona, oppure, dall’altra, cercando di ridurre quanto più possibile questo discrimine. Da scrittrice, nell’idea che stai scrivendo qualcosa per far eccitare qualcuno, in che relazione senti di stare con chi ti legge? 

Penso sempre a far eccitare chi mi legge. C’è una dimensione di vergogna, perché superata la mia cerchia di amici era terribile il pensiero che qualcuno potesse leggere le mie fantasie. Uno dei temi del libro è proprio il superamento della vergogna che nasce dallo sguardo altrui. Ho fatto, ad esempio, lo sforzo di metterci il mio nome. Ora l’interazione con le persone è tendenzialmente positiva. Non ho ancora scritto nulla da quando il libro è uscito, non so cosa succederà, se la dinamica è cambiata. 

E le presentazioni come sono andate?

Durante le presentazioni mi diverto sempre un sacco. Non siamo abituati a parlare di queste cose in pubblico con degli sconosciuti, mi è capitato di farlo anche con i miei studenti nell’accademia in cui insegno. In quei momenti anche la mia posizione di potere nei loro confronti si annulla. Il reale potere del parlare di sesso nasce dal momento in cui non te ne vergogni. Parlarne liberamente ha una sua potenza, ma credo che in ogni conversazione sul sesso ci sia uno scambio, altrimenti neanche io riuscirei a sentirmi libera, ed è molto bello.

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